Redazione Met Sport
Prosegue la stagione dei Guelfi Firenze di football americano
Il ricevitore e running back Federico Carboni, uno dei protagonisti di queste prime tre giornate di regular season
Una lunga carriera ancora tutta da vivere, ma Federico Carboni si gode il presente. Il giovane giocatore dei Guelfi Firenze - non ha ancora ventidue anni - si è messo in mostra in queste prime partite di regular season, facendosi trovare pronto dopo gli infortuni che hanno falcidiato il reparto dei wide receivers viola. Le sue mani hanno stretto con sicurezza crescente il pallone, trovando un feeling con l’ovale per niente scontato per uno che viene impiegato principalmente nel ruolo di running back. Dalle sue ricezioni, nelle ultime due partite, sono giunti altrettanti touchdown dei gigliati ed in questa settimana, sprovvista di impegni ufficiali, è arrivata l’intervista ufficiale al sito dei Guelfi Firenze. Le parole del giocatore sono state raccolte dal nostro staff sul terreno di gioco del nuovo impianto, per la prima volta aperto agli allenamenti della squadra:
Nonostante la tua giovane età sei già al terzo anno con la prima squadra, come valuti la tua crescita?
“Definirei quanto fatto un miglioramento costante. Difficilmente sono mancato ad un allenamento in questi anni e ho speso tanto tempo anche in palestra, per rafforzarmi sul piano fisico. Mi sono innamorato di questo sport vedendo in televisione Ray Lewis, fenomenale linebacker e vera guida spirituale in campo dei Baltimore Ravens. Sapevo già da prima che a Firenze si praticava il football americano e ho deciso di indossare casco ed armatura dopo aver visto la franchigia del Maryland vincere il Super Bowl nel 2013, sconfiggendo a New Orleans i San Francisco 49ers in una partita tiratissima”.
Ti abbiamo visto impiegato da running back e da wide receivers, quale dei due ruoli ti piace di più?
“Fare il running back mi fa sentire più appagato, ma detto questo ribadisco la mia apertura a provare più posizioni. Sono al servizio del coaching staff. Il perché della mia preferenza va cercato nel fatto che mi piace più portare la palla avanti con una corsa che non con una ricezione. Come running back ti viene richiesta una sintonia con la linea d’attacco ed una capacità di sfruttare i vari buchi che i tuoi compagni provano ad aprirti per scappare verso la goal line e questo aspetto mi entusiasma”.
Ti aspettavi di fare due touchdown in tre partite?
“Assolutamente no (ride, ndr). L’occasione di mettere a segno due ricezioni mi è stata data principalmente perché ho giocato ricevitore, un ruolo dove si hanno più possibilità di mettere i piedi in end zone. Per fortuna è andato tutto bene e sono felice di come mi sono adattato alla situazione, anche se, ovviamente, avrei voluto una classifica diversa”.
Com’è la tua intesa con Daniel Dobson? Hai notato delle differenze nello stile di lancio fra lui ed Ugo Arcangeli?
“Con Danny mi sono trovato bene sin dall’inizio. Il timing sui passaggi è sempre stato ottimo. La differenza fra il minnesotan (nome dei nativi del Minnesota, ndr) ed il nostro quarterback storico è che il primo è più impostato in maniera scolastica, si vede che ha ricevuto insegnamenti da dei professionisti del mestiere. Ugo, che ovviamente non ha avuto il vantaggio di nascere negli Stati Uniti d’America, supplisce a questo con la sua esperienza e con la sua passione per questo sport”.
Meglio uno stop di due settimane dopo una sconfitta come quella contro i Lazio Marines, o avresti preferito approcciarti a questa pausa al termine di partite molto più tirate come lo sono state quelle contro Ferrara ed Ancona?
“Quella di Roma è stata una sconfitta bruttissima, per recuperare abbiamo bisogno del massimo impegno di tutti in questi tre allenamenti che ci separano dal kick-off, il primo in questo splendido stadio, contro i Warriors Bologna. Il momento che stiamo vivendo rischia di essere il più importante della stagione, il resto della regular season potrebbe basarsi su quanto riusciremo a fare da oggi a domenica 10 aprile”.
Sei stato uno dei protagonisti del “Justin Forsett Camp”, dicci come valuti questa esperienza:
“E’ stato tutto molto bello. L’organizzazione era di altissima qualità, così come lo staff che ci ha seguiti ed allenati nei tre giorni di camp. Sono convinto di essere cresciuto molto e di aver imparato un sacco di cose nuove. Ci serviva un po’ di carica americana."
01/04/2016 18.01
Redazione Met Sport