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Non-profit in provincia di Firenze
Una bella storia di integrazione
Pubblica assistenza di Tavarnuzze
Da Gennaio 2016 alcuni Migranti (5/6) che risiedono provvisoriamente alla Locanda degli Scopeti sono inseriti in un progetto di Volontariato (“integrarsi aiutando il prossimo”) che coinvolge la nostra Associazione e Caritas. I ragazzi svolgono settimanalmente servizio come accompagnatori presso la Nostra Associazione e insieme ai nostri volontari trasportano i pazienti presso gli ospedali e le strutture sanitarie di zona. Nel corso del progetto hanno frequentato e stanno frequentando corso di italiano per stranieri e corso per soccorritore di livello base.

I volontari della nostra associazione tutti i giorni svolgono insieme servizio e sono testimoni della buona integrazione avvenuta.
La Pubblica assistenza di Tavarnuzze, sta portando avanti un progetto di integrazione per i migranti, facendoli avvicinare al volontariato. “Da Gennaio 2016 – ha detto il responsabile dell’associazione per quanto riguarda i servizi socio-sanitari, Matteo Rettori – alcuni migranti (5/6) che risiedono provvisoriamente alla Locanda degli Scopeti sono inseriti in un progetto di Volontariato (“integrarsi aiutando il prossimo”) che coinvolge la nostra Associazione e Caritas. I ragazzi svolgono settimanalmente servizio come accompagnatori presso la Nostra Associazione e insieme ai nostri volontari trasportano i pazienti presso gli ospedali e le strutture sanitarie di zona. Nel corso del progetto hanno frequentato e stanno frequentando corso di italiano per stranieri e corso per soccorritore di livello base.
I volontari della nostra associazione tutti i giorni svolgono insieme servizio e sono testimoni della buona integrazione avvenuta. Per questo vogliamo raccontarvi la storia di uno dei nostri ‘ragazzi’, Abbas Ghulam. Scritta direttamente da lui rappresenta un bell’esempio di integrazione”

La riportiamo così come ci è stata inviata

Mi chiamo Ghulam Abbas. Io vengo dal villaggio di Naki, che si trova in Pakistan, più precisamente nella regione del Punjub.

Nel mio Paese ho potuto studiare per 10 anni e una volta terminati gli studi ho iniziato a lavorare nella ristorazione. Mi piace molto cucinare. Nella mia vita però ho svolto tanti altri lavori, in particolare nel campo dell’edilizia. Sono anche un geometra!

Ho avuto la fortuna di avere un matrimonio felice dal quale sono nate tre bambine, Amina, Adila e Alima Sadia. La mia prima figlia ha 8 anni, la seconda 5 mentre non ho ancora potuto conoscere la mia terzogenita poiché ho dovuto lasciare il mio Paese quando mia moglie era ancora incinta. La vedo in foto e durante le videochiamate che faccio a casa.

Io sono uno di quelli che la gente chiama “migranti economici”, perché non sono scappato dalla guerra o da una persecuzione. La mia vita non era in pericolo in Pakistan. Io ho dovuto abbandonare il mio Paese per amore della mia bambina, Amina.

Infatti Amina, fin dalla sua nascita ha avuto gravi problemi di salute. La sua colonna vertebrale ha una deformazione per cui lei non è in grado di muoversi e camminare come tutti gli altri bambini. Da molto piccola ha subito un intervento chirurgico che purtroppo non è andato a buon fine.

Io ho sempre compiuto tutti gli sforzi possibili per aiutare la mia famiglia e pagare le cure a mia figlia. Ho sempre lavorato molto ed onestamente ma ad un certo punto le spese sanitarie si sono fatte sempre più insostenibili. Non mi rimaneva che lasciare il mio Paese per andare a lavorare all’estero.

Il 12 giugno 2012 sono partito per la Libia, una meta di forte immigrazione pakistana. Lì molti altri connazionali erano emigrati prima di me poiché prima del periodo delle cosiddette Primavere Arabe e della fine del governo di Gheddafi, la Libia era un Paese ricco nel quale era facile trovare un buon impiego, anche per cittadini stranieri. Sono rimasto a lungo in questo Paese, fino a quando il livello di insicurezza si è intensificato tanto da diventare una guerra civile. Anche lavorare era diventato pericoloso. La Libia oggi è un Paese in guerra, in cui si scontrano due governi, decine di gruppi armati e in cui non si distinguono più i civili dai militari perché tutti sono armati.

Per questo motivo nell’agosto 2015 ho dovuto affidare la mia vita ad un trafficante e ad un’imbarcazione precaria nella speranza di salvarmi dalla violenza Libica.

Il 28 agosto 2015 sono sbarcato in Calabria. Sono stato assegnato al centro di accoglienza della Caritas Locanda Scopeti di Tavarnuzze dove ho vissuto per quasi un anno. Lì mi sono trovato a convivere con persone di Paesi diversi e ho conosciuto gli operatori che erano lì per aiutarci qui in Italia.

Nel centro mi sono trovato sempre bene e ho fatto amicizia con alcuni dei ragazzi e con gli operatori. Appena è stato possibile ho iniziato ad andare a scuola di Italiano sia a Firenze che a Tavarnuzze, al corso che aveva organizzato per noi richiedenti asilo e per gli altri stranieri del paese, la Pubblica Assistenza Tavarnuzze. Mi piaceva e mi piace ancora imparare l’italiano. So quanto è importante per integrarsi qui e trovare delle nuove possibilità.

A un certo punto ho voluto fare un passo in più, provando a fare un’esperienza di volontariato per poter ricambiare il luogo che mi ospita almeno con le mie energie e la mia voglia di fare.

Sono entrato a far parte del gruppo dei volontari della Pubblica Assistenza Tavarnuzze che ogni giorno aiutano le persone che non possono raggiungere gli ospedali da sole, con un servizio di accompagnamento. Lì ho conosciuto tanti volontari italiani di tutte le età, ho potuto imparare sempre meglio la lingua parlando con loro e aiutare persone che ne avevano bisogno.

Marco, Matteo, Leonardo, Simone, Alessandro e Letizia sono solo alcune delle persone che ho incontrato nell’Associazione e che mi hanno aiutato ad integrarmi sempre più nel Paese che mi ospita. Mi ricorderò sempre di loro e proverò sempre enorme rispetto per quello che fanno quotidianamente per aiutare gli altri.

Hanno effettivamente aiutato molto anche me. Proprio grazie alla Pubblica Assistenza ho avuto la possibilità di muovere i primi passi verso una vita autonoma in Italia, poiché grazie alla mia esperienza di volontariato sono riuscito a trovare il mio primo lavoro qui.

Dal maggio 2016 infatti, grazie in particolare a Marco che mi ha presentato alla famiglia di un signore di San Casciano che era alla ricerca di un badante. Io avevo da poco terminato anche un corso per apprendere questa professione e così mi sono lanciato in questa nuova avventura.

Oggi sono già sette mesi che vivo e lavoro a casa del signor Alberto, che accompagno e assisto nelle sue attività quotidiane. Ho lasciato il progetto di accoglienza che mi ha aiutato a muovere i primi passi qui in Italia e che ricordo sempre con affetto. Spesso torno a trovare i ragazzi del centro e gli operatori: Irene, Jovana, Josè, Simone, Carmine mi hanno molto aiutato e sono ancora oggi miei amici.

Ora finalmente mi sento sereno e posso aiutare la mia famiglia a sostenere tutte quelle spese mediche di cui mia figlia Amina ha bisogno. Ho ottenuto anche un permesso di soggiorno per Protezione Umanitaria che mi permette di rimanere in questo Paese in modo regolare e lavorare per poter garantire alla mia famiglia un futuro sereno.

Ringrazio tutti quelli che ho incontrato lungo il mio cammino e che mi hanno permesso di arrivare fin qui.

Ghulam Abbas

01/12/2016 11.59
Non-profit in provincia di Firenze


 
 


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