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Comune di Pistoia
Teatro Mascagni di Popiglio. Un alt(r)o Everest
Domenica 13 Maggio, ore 21
Dopo lo spettacolo (S)legati dello scorso anno, tornano al Teatro Mascagni di Popiglio domenica 13 maggio, a conclusione della stagione 2018 del Teatro della Montagna molto apprezzata dal pubblico, Matteo Fabris e Jacopo Bicocchi con il nuovo, intenso lavoro, Un alt(r)o Everest, sempre prodotto da ATIR Teatro di Ringhiera e che si avvale delle scene di Maria Spazzi. Al centro dello spettacolo una storia vera, non famosa e da cui non è stato tratto alcun film, ma che potrebbe essere la storia di ognuno di noi, per la sua spietata semplicità e perché racconta le difficoltà e i passaggi obbligatori che la vita ci mette davanti.? Crepacci che possiamo solo attraversare. Jim Davidson e Mike Price sono due amici, due vite indissolubili, una cordata. Nel 1992 decidono di scalare... la loro montagna: il Monte Rainier nello stato di Washington, Stati Uniti. ?Il sogno di una vita, una vetta ambita da ogni scalatore, un passaggio obbligatorio per chi, nato in America, vuole definirsi Alpinista. “The Mountain” come la chiamano a Seattle. ?Ma le cose non sono mai come ce le aspettiamo e quella scalata non sarà solo la conquista di una vetta. Sarà un punto di non ritorno, un cammino impensato dentro alle profondità del loro legame, un viaggio che durerà ben più dei 4 giorni impiegati per raggiungere la cima.

“Lo spettacolo è la naturale evoluzione di (S)legati – spiegano Fabris e Bicocchi - abbiamo sentito in qualche modo il 'dovere' di continuare l’indagine così ricca e fruttuosa, nata durante tutto il percorso nel circuito della montagna.? Per farlo però non ci bastava una semplice storia di alpinismo (in effetti, ne esistono a centinaia di imprese e avventure tra la letteratura alpinistica). Avevamo bisogno di una storia che potesse elevarsi a paradigma, che potesse, in qualche modo, contenere le storie di tutti, anche di chi la montagna non la frequenta o addirittura non la ama. Una storia che fosse, per dirla in breve, universale.? E l’abbiamo trovata: la storia di Mike e Jim parla di qualcosa che tutti abbiamo conosciuto e con la quale prima o poi dobbiamo fare i conti: la perdita, il lutto, la mancanza... e assieme quel dialogo, silenzioso e profondo che continuiamo ad avere con le persone che non sono più con noi ma che in qualche modo... continuano ad essere con noi.?”

HANNO SCRITTO DELLO SPETTACOLO...

“Quasi sequel emotivo ideale della prima vicenda, Un alt(r)o Everest ha alcuni indiscutibili pregi, il primo dei quali è proprio di essere un altro spettacolo. Di non ricalcare in alcun modo la strada battuta con il primo, cercando anzi di distanziarsene in diversi modi, il più significativo dei quali è proprio nella drammaturgia, costruita attraverso una serie di flashback rispetto al tema principale che è quello della scalata e del suo esito. Un ritorno all’umanità dei due, al loro vissuto comune, a quello che li avrebbe poi portati all’impresa insieme. E’ indubbiamente un intreccio di grande suggestione quello ordito dai due attori, che riescono a distillare un tracciato narrativo funzionale alla creazione di pathos scenico ricorrendo, come in (S)legati, a pochissimo, due sedie e poche luci, praticamente un piazzato e un piccolo faro azzurro che narrerà il cuore della loro vicenda, imprigionandoli in un cono di luce del diametro di un metro o poco più. Il secondo pregio indiscutibile, ancorché non merito dei due interpreti, è il genio assoluto di Maria Spazzi, una delle maggiori artiste della scenografia viventi, in Italia e non solo. Il suo approccio art brut riesce sempre con nulla a risultare evocativo dei temi emotivi e ambientali più densi, trovando modo di legarli in modo ancestralmente inspiegabile. In questo caso la sua creazione consiste nel fare progressivamente a pezzi le due sedie che fanno da supporto scenico, trasformando così il tutto in parti, e in questo fare a pezzi si sviluppano progressivamente metafore dello stare scenico, dalla sineddoche all’allusione ironica (…). Il terzo ed ultimo punto è il ritmo scenico impressionante che lo spettacolo ha per quasi tutto l’allestimento, con un montaggio filmico e un pathos ad incastro capace di essere montato e smontato, frenato ed accelerato, sospinto da una padronanza interpretativa di cui sono portatori i due che non può che entusiasmare lo spettatore. Non ancora perfetti nel trovare finali davvero all’altezza delle loro costruzioni drammaturgiche, forse anche per via delle punte alte di emotività che vengono raggiunte nel corso della pièce, la creazione è un ulteriore e positivo passo avanti nella già alta ricerca del duo Fabris/Bicocchi sul rapporto fra uomini, destino e volontà di autodeterminazione, un must see della scena indipendente italiana. (Renzo Francabandera, PAC)

10/05/2018 16.19
Comune di Pistoia


 
 


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