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Redazione di Met
“Preghiera, poveri, pace”. Festeggiati a Firenze i 50 anni di Sant'Egidio
L'omelia del Cardinale Giuseppe Betori. Il messaggio del Sindaco Dario Nardella
"Preghiera, poveri, pace". Questo è Sant'Egidio. “Preghiera, poveri, pace”, pilastri irrinunciabili per ricominciare ogni giorno a 50 anni dalla sua nascita. “Preghiera, poveri, pace”, ha detto Papa Francesco, sono come tre nomi di Sant'Egidio. I 50 anni della Comunità sono stati festeggiati a Firenze con una liturgia, presieduta dal cardinale Giuseppe Betori nella chiesa degli Assunzionisti di Santa Maria Maddalena dei Pazzi.
"50 anni di affidamento alla Parola degna di fede - ha detto Betori - Sant'Egidio è ancorata all'ascolto della Parola di Dio che l'ha nutrita ogni giorno. Ma Gesù è stato al tempo stesso presenza da incontrare nei poveri, volto di Cristo nella storia". Questo cammino ha "potuto riversarsi cone grazia nel mondo intero, come strumento di pace in tante situazioni di crisi nel mondo".
La Comunità è "oasi preziosa con un respiro internazionale – ha scritto il sindaco Dario Nardella in un messaggio - impegnata nella diffusione del Vangelo e nella carità, spazio privilegiato della ricerca del senso della vita, ma anche luogo di amicizia e di solidarietà. Mi piace sottolineare l'attenzione verso gli emarginati e gli ultimi, l'apertura della Comunità a tutti: ai poveri, ma anche alle persone di cultura e fede diversa”.

Dodici amici presbiteri hanno concelebrato la messa, presenziata anche da padre Giorgio Blatinski della Chiesa ortodossa russa e padre Ionut Coman della Chiesa ortodossa rumena. Presenti delegazioni delle Chiese cristiane, tra cui quella Anglicana, della Comunità Ebraica e della Soka Gakkai.

Tra le autorità l'assessore regionale Stefania Saccardi, l'assessore comunale Sara Funaro, l'On. David Ermini, la presidente della Commissione Pace Serena Perini. Presenti i rappresentanti dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, Angela Venezia del Provveditorato regionale che si occupa dei penitenziari, dove Sant'Egidio porta la sua amicizia, come a Sollicciano.
Tanti gli amici che hanno partecipato: dalle associazioni e dai movimenti (tra di essi i Focolari, Azione Cattolica e il Cammino Neocatecumenale), la Caritas, i Comboniani, le Vincenziane, le suore di Madre Teresa.

Di seguito l'omelia pronunciata dal Cardinale Giuseppe Betori

(2 Tm 2, 8-15; Sal 24; Mc 12, 28b-34)

Il dialogo tra lo scriba e Gesù ripropone una questione tipica del dibattito religioso nel giudaismo. La ricerca del compimento della volontà di Dio aveva portato a determinare una serie articolata di precetti, perché nulla sfuggisse all'orientamento della fede e al giudizio morale: 613 precetti, di cui 365 negativi, come i giorni dell'anno, 248 positivi, come le ossa del corpo umano, coinvolgendo quindi il tempo e la persona. Ma non meno sentita era l'esigenza di trovare un criterio di unità, un principio che fosse di tutti i precetti il fondamento. Trovare un principio ispiratore della vita è esigenza profonda dell'uomo.
La risposta che fornisce Gesù si iscrive nella migliore tradizione rabbinica, e per questo viene lodata dal suo interlocutore. Unisce la professione di fede dello shemà (Dt 6,4) con il precetto dell'amore del prossimo che si incontra in Lv 19,18.
Già nell'unione tra i due precetti in un unico comandamento si ha un'indicazione fondamentale: non si può opporre Dio all'uomo o viceversa, ma l'uno implica l'altro. Ad evitare ogni orizzontalismo provvede poi lo scriba, nel solco della predicazione profetica, nel sottolineare che in questa simbiosi si attua il vero culto e quindi tutto è orientato a Dio. Ma a Dio non si giunge senza i fratelli. Gesù ha come passato l'esame, ma Gesù aggiunge qualcosa che è decisivo per la fede: “Non sei lontano dal regno di Dio”. Riportando tutto nell'orizzonte del regno di Dio, ci ricorda che il compimento del comandamento non è l'esito di una prassi virtuosa, ma il frutto di un dono, di una grazie, quale è appuntato il Regno.
L'ulteriore passo che ci è chiesto è riconoscere la presenza del Regno nella persona di Gesù. Lo afferma con forza San Paolo, che dalla sua prigiona richiama Timoteo alla centralità dell'incontro con Cristo, con il mistero della sua Pasqua, con il potere di salvezza che essa introduce nella storia umana.
Unirci alla Pasqua di Cristo, conformarci al mistero di orte e risurrezione, è ciò che rende vera e piena la vita.
Tutto questo illumina il cammino della Comunità di Sant'Egidio, il cui percorso è giunto a cinquanta anni, e per questo siamo qui a ringraziare il Signore. Un cammino ancorato a quella parola “degna di fede” che è la memoria di Gesù conservata nelle Scritture, ascoltate e meditate. Un cammino che si è fatto vicino alle situazioni di povertà ed emarginazione in cui viene riconosciuto il volto del Crocifisso oggi. Un cammino di riconciliazione, in cui l'opera dell'amore si fa strumento di pace nel mondo. Ne ringraziamo il Signore.


La Comunità di Sant'Egidio a Firenze.
Con i senza fissa dimora la preghiera a gennaio in memoria di Vezio e per essi la guida 'Dove dormire mangiare lavarsi', mappa della città solidale, da due anni consegnata anche ai detenuti che escono dal carcere.

Ma ci sono anche gli ‘Amici’, nome dato all'alleanza stabile e profonda con i portatori di handicap e la loro scuola di pittura, con una mostra di grande successo in Palazzo Davanzati. Ma si potrebbe parlare anche del ‘Pranzo di Natale’ o di ‘Dream’, il sogno di guarire i malati di Aids che è diventato una terapia efficace che dà vita, o ancora di 'Bravo', il progetto anagrafico per dare un nome e un cognome ai bambini che vivono per strada in Africa.


Da questo coinvolgimento nella vita dei poveri e della città, maturato e rinnovato ogni giorno nell'ascolto del Vangelo, nascono iniziative coinvolgenti, come la Festa di Sant'Abramo con più gli anziani della città, soprattutto degli istituti, nella basilica della Santissima Annunziata e la partecipazione della Misericordia e delle Pubbliche assistenze.


Momenti di veglia per chi "muore di speranza" come i migranti nel Mediterraneo e in altre latitudini del pianeta, a novembre la marcia silenziosa fino alla sinagoga in memoria della deportazione degli Ebrei fiorentini e poi l'incontro a Sollicciano con i leader religiosi per rendere partecipi i detenuti della campagna mondiale contro la pena di morte e l'invito alle città toscane a illuminarsi per dire no alla pena capitale.

Preghiera, annuncio e ascolto del Vangelo, ogni sera. Scuola di italiano, condivisione con gli anziani, scuola della pace con bambini e adolescenti di ogni provenienza, cena per i senza fissa dimora. Le tre "P-Preghiera, poveri, pace" di Sant'Egidio hanno a Firenze il volto degli anziani del centro, del Ponte di Mezzo e San Frediano come anche di Montedomini – all'origine peraltro del convegno internazionale 'La forza degli anni' - e dei nomadi come anche degli immigrati che studiano italiano nelle scuole per i profughi nella sede di San Tommaso in via della Pergola e in quella a due passi dalla stazione centrale, poco lontano da dove Sant’Egidio porta la cena ai senza fissa dimora, amici di sempre, o, ancora, a San Frediano.


La partecipazione della città diventa cultura e anche Rigiocattolo e ancora un corteo, Pace in tutte le terre, che segna il primo gennaio di ogni anno l'orientamento di un passo comune lungo tappe significative di Firenze, alla quale prendono parte anche i Rom. La storia dell'amicizia della Comunità con loro esprime la tenacia dei cambiamenti giudicati comunemente impossibili.


07/06/2018 17.04
Redazione di Met


 
 


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