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Palazzo Medici Riccardi, in scena la raccolta poetica “Le parole mute” di Carmela Calcagno
L'evento promosso dalla Città Metropolitana di Firenze in collaborazione con l’Associazione Sguardo e Sogno. Relatore Massimiliano Bardotti

Palazzo Medici Riccardi, in scena la raccolta poetica “Le parole mute” di Carmela Calcagno (foto Antonello Serino - Met Ufficio Stampa)

Nella suggestiva cornice di Palazzo Medici Riccardi, promossa dalla Città Metropolitana di Firenze in collaborazione con l’Associazione Sguardo e Sogno, ha avuto luogo la presentazione del volume “Le parole mute. Tra sussulti e bisbiglii dell’anima” (La Bussola) di Carmela Calcagno.

Relatore d’eccezione Massimiliano Bardotti che, con lucida profondità, ha permeato temi e stili della raccolta. Corredata dai raffinati ritratti in graffite dell’artista Patrizia Stefania Baiunco, il volume si configura come un’autobiografia in versi, che affronta anche tematiche sociali di cogente attualità. L’incomunicabilità, la solitudine, l’alienazione, il femminicidio, la disumanizzazione, l’ingiustizia in ogni sua forma, solo per citarne alcune. Sottratti all’oblio personaggi, luoghi e mestieri scomparsi. Al tavolo dei lavori anche Maria Valeria Sanfilippo, la quale, unitamente a Bardotti, ha dato voce alle liriche della raccolta.

Pur fortemente autobiografico, il volume restituisce al lettore la fotografia di una immanente quotidianità, mediante una “lingua delle cose”, che diviene disamina del campionario umano dei sentimenti, geografia dell’anima, recupero di un immaginario individuale e a un tempo collettivo. In “Primavera 2020”, lirica tra le più recenti della silloge, le inquietudini delle città italiane, messe sotto scacco dall’emergenza epidemiologica del Coronavirus.

L’autrice si domanda se i “pellegrini assetati di reciprocità” potranno ricavare una lezione, un insegnamento per riordinare la propria scala di valori, per ricollocare le priorità. Il tratto della penna è testimone oculare, cronista minuzioso della realtà. Il volume non si propone come sfoggio erudito di virtuosismi poetici, bensì come mediazione di bisogni trasfigurati in “pensieri erranti”, che riaffiorano con forza dirompente, per ricomporsi alla luce di un’operazione che, per dirla con Pirandello, può forse compiersi solo quando lo scrittore si guarda vivere da fuori, come fosse un altro, estraneo da sé.

26/09/2023 10.50
Città Metropolitana di Firenze