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Città Metropolitana di Firenze
Il sistema di tutela avverso il diniego dell’accesso documentale
Dal sito della Città Metropolitana un nuovo approfondimento dell'avvocato Lina Cardona sugli aspetti correlati all'esercizio del diritto all'accesso ai documenti delle pubbliche amministrazioni
Immagine dal sito della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi
Il sistema di tutela avverso il diniego dell’accesso documentale è notevolmente articolato.

La richiesta di accesso documentale deve essere motivata, ex art. 25 comma 2 L. 241/1990.

Essa può essere espressamente e motivatamente respinta dall’Amministrazione, totalmente o parzialmente, con provvedimento espresso di diniego.

Oppure, decorsi trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta da parte dell’Amministrazione senza che questa si esprima sull’istanza in un senso o nell’altro, si forma sulla stessa il silenzio rigetto, e quindi l’ istanza si intende respinta (ex art. 25 comma quarto L. 241/1990).

A questo punto, entro trenta giorni dalla conoscenza del diniego dell’accesso, espresso o tacito, dello stesso, o del differimento del medesimo, il richiedente può:

1) nei confronti degli atti degli Enti locali, ex art. 25 comma 4 L. 241/1990, chiedere al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la determinazione dell’Amministrazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore.

Nei confronti degli atti delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l’accesso di cui all’art. 27 L. 241/1990, nonché presso l’Amministrazione resistente.

Il difensore civico o la Commissione per l’accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto.

Se il difensore civico o la Commissione per l’ accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all’Amministrazione. Se questa non emana un provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l’accesso è consentito (vedi comma quarto dell’art. 25 L. 241/1990).

Se invece le richieste proposte al difensore civico o alla Commissione vengono respinte, in modo espresso o tacito, il richiedente ha 30 giorni di tempo dalla conoscenza della determinazione o dalla formazione del silenzio per presentare ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale. Il ricorso deve essere notificato all’Amministrazione e ad almeno un controinteressato.

2) proporre direttamente ricorso avverso il provvedimento di diniego, espresso o tacito, o di differimento dell’accesso, innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale, ai sensi dell’art. 116 del D.Lgs. n. 104 del 2/07/2010 (Codice del processo amministrativo). Tale norma prevede, al comma 1, che il ricorso deve essere notificato all’Amministrazione e ad almeno un controinteressato, entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio.

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Il ricorso proposto innanzi al Tar introduce un’ipotesi di giurisdizione esclusiva, come previsto dall’art. 133, comma 1, lett. a), n. 6) del D.Lgs. n. 104 del 2/07/2010, e come sottolineato dalla giurisprudenza (ex multis, Tar Veneto Venezia Sez. III sentenza n. 240 del 16/02/2012; Consiglio di Stato Sez. IV, sentenza n. 433 del 29/04/97 n. 433; Cass. civ. S.U. sentenza n. 5292 del 28/05/1998).

Il giudizio non si svolge in udienza pubblica, ma in camera di consiglio, come previsto dall’art. 87 comma 2 del D.Lgs. 104 del 2/07/2010.

Il giudizio di accesso ai documenti amministrativi, inoltre, per ragioni di snellimento e celerità del processo, è caratterizzato, ai sensi dell’art. 87, comma 3, D.Lgs. n. 104/2010, assieme ad altri riti camerali, dal dimezzamento dei termini processuali rispetto a quelli del processo ordinario, ad eccezione del termine dell’atto introduttivo del giudizio, che rimane quello previsto dalla legge.

Per il rito sull’accesso il termine per notificare l’atto introduttivo del giudizio rimane dunque di trenta giorni, ex art. 116 comma 1 del D.Lgs. n. 104 del 2/07/2010.

L’Amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato (come previsto dal comma 3 dell’art. 116 del D.Lgs. n. 104 del 2/07/2010).

Il Giudice decide con sentenza in forma semplificata. Se ritiene che il diniego all’accesso o il differimento dello stesso siano illegittimi, ordina l’esibizione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a 30 giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità (vedi art. 116, comma quarto, del D.Lgs. n. 104 del 2/07/2010).

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Poichè ad impossibilia nemo tenetur, l’ordine di esibizione impartito dal Giudice non può riguardare, per una evidente ragione di buon senso, che i documenti esistenti e non anche quelli non più esistenti o mai formati, spettando all’Amministrazione destinataria dell’ accesso indicare, sotto la propria responsabilità, quali sono gli atti inesistenti che non è in grado di esibire (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2099 del 29/03/2019; Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 892 del 13/02/2013; Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 67 dell’8/01/2002; Tar Marche Ancona, Sez. I, sentenza n. 458 del 17/07/2020; Tar Liguria Genova, Sez. I, sentenza n. 880 del 12/11/2018; Tar Lazio Roma, Sez. III bis, sentenza n. 10553 del 2/11/2018; Tar Marche Ancona, Sez. I, sentenza n. 528 del 30/07/2018; Tar Sicilia Palermo, Sez. I, sentenza n. 1437 dell’11/08/2009).

La giurisprudenza ha sottolineato che se la documentazione esiste, va esibita, e l’Amministrazione dovrà quindi ricercarla ed esibirla. Se detta documentazione, viceversa, non fosse più esistente, l’Amministrazione – che si assumerà formalmente la responsabilità di quanto dichiarato, non essendo sufficiente una mera dichiarazione del difensore resa nel corso di un processo, ovvero una affermazione contenuta in una memoria difensiva -, ciò attesterà in un apposito atto, chiarendo dove essa possa essere reperita, e/o in che occasione sia andata distrutta, mentre nell’ipotesi che essa sia stata trasmessa ad altra amministrazione, provvederà ad inoltrare ex art. 6 comma 2 del D.P.R. n. 184 del 2006 la richiesta di accesso all’ Amministrazione che la detiene (Tar Campania Salerno, Sez. I, sentenza n. 1705 del 3/10/2019; Tar Campania Salerno, Sez. I, sentenza n. 333 del 25/02/2019; Tar Campania Napoli Sez. VI, sentenza n. 4805 del 19/07/2018; nello stesso senso Tar Calabria Reggio Calabria, sentenza n. 723 del 3/12/2018; Tar Calabria Reggio Calabria, sentenza n. 43 del 30/01/2018).

Ove l’Amministrazione dichiari di non detenere il documento, assumendosi la responsabilità della veridicità della sua affermazione, non sarà possibile l’esercizio dell’accesso. Al cospetto di una dichiarazione espressa dell’Amministrazione di inesistenza di un determinato atto, non vi sono margini per ordinare l’accesso, rischiandosi altrimenti una statuizione impossibile da eseguire per mancanza del suo oggetto, che si profilerebbe, dunque, come inutiliter data (Consiglio di Stato Sez. IV, sentenza n. 2142 del 27/03/2020).

Non è infatti possibile ordinare alla Pubblica Amministrazione l’esibizione di documenti non detenuti, anche se gli stessi dovrebbero ragionevolmente trovarsi negli archivi della stessa Amministrazione.

L’ irregolare tenuta della documentazione amministrativa da parte di una amministrazione può eventualmente far sorgere delle responsabilità di varia natura, a carico sia dei dipendenti incaricati sia dei direttori degli uffici per omessa vigilanza, ma non può giustificare la pretesa ad ottenere un ordine di esibizione di atti inesistenti (Tar Sardegna, Sezione II, sentenza n. 1605 del 7/09/2006).

Non è peraltro sufficiente, al fine di dimostrare l’oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull’amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso, la mera e indimostrata affermazione in ordine all’indisponibilità degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi, in quanto spetta all’Amministrazione destinataria dell’istanza di accesso l’indicazione, sotto la propria responsabilità, degli atti inesistenti o indisponibili che non è in grado di esibire, con l’obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità (Consiglio di Stato Sez. VI, sentenza n. 892 del 13/02/2013; Tar Lombardia Milano, Sez. II, sentenza n. 343 del 20/02/2020 e sentenza n. 1245 del 29/06/2020).

Nei casi di dichiarata irreperibilità dei documenti oggetto di istanza di accesso l’Amministrazione è tenuta ad eseguire con la massima accuratezza e diligenza sollecite ricerche per rivenire i documenti richiesti – destinando all’uopo idonee risorse in termini di personale e tempo – e qualora ciònonostante la documentazione non venisse reperita, deve estendere le relative indagini, anche con le opportune segnalazioni e denunce all’Autorità Giudiziaria, nonché presso altre Amministrazioni che fossero in possesso di copia della documentazione richiesta, per poi – in caso di ulteriore esito negativo delle ricerche – dare conto al privato delle ragioni dell’impossibilità di ricostruire gli atti mancanti, delle eventuali responsabilità connesse a tale mancanza (smarrimento, sottrazione, ecc.) e dell’adozione degli atti di natura archivistica che accertino lo smarrimento/irreperibilità in via definitiva dei documenti medesimi (Tar Lombardia Milano, Sez. II, sentenza n. 343 del 20/02/2020 e sentenza n. 1245 del 29/06/2020, cit.).

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L’accesso ai documenti amministrativi costituisce oggetto di un diritto soggettivo di cui il giudice amministrativo conosce, come già evidenziato, in sede di giurisdizione esclusiva.

Il giudizio ha per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto di accesso, più che la verifica della sussistenza o meno di vizi di legittimità dell’atto amministrativo recante il diniego di accesso. Infatti il giudice può ordinare l’esibizione dei documenti richiesti, così sostituendosi all’Amministrazione e ordinandole un facere pubblicistico, solo se ne sussistono i presupposti (ossia l’interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso). Questo implica che, aldilà degli specifici vizi e della specifica motivazione del provvedimento amministrativo di diniego dell’accesso, il giudice deve verificare se sussistono o meno i presupposti dell’accesso, potendo pertanto negarlo anche per motivi diversi da quelli indicati dal provvedimento amministrativo (Consiglio di Stato Sezione VI, sentenza n. 117 del 12/01/2011; nello stesso senso Consiglio di Stato Sez. V, sentenza n. 1664 del 9/03/2020; Consiglio di Stato Sezione IV, sentenza n. 201 del 19/01/2012; Consiglio di Stato Sez. IV, sentenza n. 4261 del 26/07/2012; Tar Lazio Roma, Sezione II bis, sentenza n. 7020 del 5/08/2011; Tar Umbria Perugia, Sez. I, sentenza n. 80 del 18/02/2013; Tar Sicilia Palermo, Sezione II, n. 504 del 5/03/2013; Tar Toscana Firenze, Sez. I, sentenze n. 251 e 252 del 5/02/2014; Tar Campania Salerno, Sezione II, sentenza n. 407 del 19/02/2014; Tar Toscana Firenze, Sezione II, sentenza n. 268 del 16/02/2015; Tar Sicilia Palermo, Sezione I, sentenza n. 126 del 15/01/2016; Tar Campania Salerno, Sez. I, sentenza n. 7 del 7/01/2020; Tar Lazio Roma, Sez. II ter, sentenza n. 6718 del 19/06/2020).

La giurisprudenza ha sottolineato infatti che il giudizio in materia di accesso ad atti e documenti, di cui il giudice amministrativo conosce in sede di giurisdizione esclusiva, anche se si atteggia come impugnatorio, in quanto formalmente rivolto avverso il provvedimento di diniego o avverso il silenzio rigetto formatosi sulla relativa istanza ex. art. 25 comma 4, L. 241/1990, è sostanzialmente un giudizio sul rapporto, teso ad accertare la sussistenza o meno del diritto soggettivo all’accesso nella particolare situazione dedotta in giudizio, alla luce dei parametri normativi (sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso), indipendentemente dalla correttezza o meno delle ragioni addotte dall’Amministrazione (Tar Lazio Latina, Sez. I, sentenza n. 189 del 18/03/2019; Tar Lazio Roma, Sez. I bis, sentenza n. 1304 del 1/02/2021), e anche in carenza di specifica motivazione dell’atto amministrativo di diniego dell’accesso (Tar Lazio Roma, Sez. III, sentenza n. 4126 del 16/04/2014).



Fonti: art. 25 L. 241/1990; artt. 87, 116 e 133 del D.Lgs. n. 104 del 2/07/2010; Tar Veneto Venezia, Sez. III, sentenza n. 240 del 16/02/2012; Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 433 del 29/04/97 n. 433; Cass. civ. S.U. sentenza n. 5292 del 28/05/1998; Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2099 del 29/03/2019; Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 892 del 13/02/2013; Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 67 dell’8/01/2002; Tar Marche Ancona, Sez. I, sentenza n. 458 del 17/07/2020; Tar Liguria Genova, Sez. I, sentenza n. 880 del 12/11/2018; Tar Lazio Roma, Sez. III bis, sentenza n. 10553 del 2/11/2018; Tar Marche Ancona, Sez. I, sentenza n. 528 del 30/07/2018; Tar Sicilia Palermo, Sez. I, sentenza n. 1437 dell’11/08/2009; Tar Campania Salerno, Sez. I, sentenza n. 1705 del 3/10/2019; Tar Campania Salerno, Sez. I, sentenza n. 333 del 25/02/2019; Tar Campania Napoli, Sez. VI, sentenza n. 4805 del 19/07/2018; Tar Calabria Reggio Calabria, sentenza n. 723 del 3/12/2018; Tar Calabria Reggio Calabria, sentenza n. 43 del 30/01/2018; Consiglio di Stato Sez. IV, sentenza n. 2142 del 27/03/2020; Tar Sardegna, Sezione II, sentenza n. 1605 del 7/09/2006; Consiglio di Stato Sez. VI, sentenza n. 892 del 13/02/2013; Tar Lombardia Milano, Sez. II, sentenza n. 343 del 20/02/2020 e sentenza n. 1245 del 29/06/2020; Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza n. 117 del 12/01/2011; Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 1664 del 9/03/2020; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 201 del 19/01/2012; Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 4261 del 26/07/2012; Tar Lazio Roma, Sezione II bis, sentenza n. 7020 del 5/08/2011; Tar Umbria Perugia, Sez. I, sentenza n. 80 del 18/02/2013; Tar Sicilia Palermo, Sezione II, sentenza n. 504 del 5/03/2013; Tar Toscana Firenze, Sez. I, sentenze n. 251 e 252 del 5/02/2014; Tar Campania Salerno, Sezione II, sentenza n. 407 del 19/02/2014; Tar Toscana Firenze, Sezione II, sentenza n. 268 del 16/02/2015; Tar Sicilia Palermo, Sezione I, sentenza n. 126 del 15/01/2016; Tar Campania Salerno, Sez. I, sentenza n. 7 del 7/01/2020; Tar Lazio Roma, Sez. II ter, sentenza n. 6718 del 19/06/2020; Tar Lazio Latina, Sez. I , sentenza n. 189 del 18/03/2019; Tar Lazio Roma, Sez. III, sentenza n. 4126 del 16/04/2014; Tar Lazio Roma, Sez. I bis, sentenza n. 1304 del 1/02/2021.

22/07/2021 10.26
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