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Redazione di Met
Letteratura. Ecco i cinque finalisti del 35° Premio letterario Chianti
Sono Marino Magliani, Stefania Nardini, Giulio Perrone, Giorgio Scianna e Piera Ventre
Sono Marino Magliani, con 'Il cannocchiale del Tenente Dumont' (L'orma Editore); Stefania Nardini, per 'La combattente' (E/0 Edizioni); Giulio Perrone, con 'America non torna più' (HarperCollins), Giorgio Scianna, per 'Le api non vedono il rosso' (Einaudi) e Piera Ventre, con 'Le stanze del tempo', i cinque finalisti selezionati della nuova edizione del 35esimo Premio letterario Chianti.
Il Comitato Tecnico del Premio Letterario Chianti, coordinato da Michele Brancale, e composto da Paolo Codazzi, Silvia Martelli (per il Comune di Greve in Chianti), Cecilia Bordone (per il Comune di San Casciano Val di Pesa), Maria Rosa Fabiani (Comune di Radda in Chianti), Paolo Santagati (Unione Comunale di Tavarnelle-Barberino), Andrea Pucci (Comune di Castellina in Chianti), Deborah Montagnani (Comune di Gaiole in Chianti), Claudia Lucattini (Comune di Impruneta), in una riunione presso la Sala Consiliare del Comune di Greve in Chianti, ha deliberato la selezione dei cinque autori finalisti del Premio destinato a volumi di narrativa editi dal 1 gennaio 2021 a1 31 dicembre 2021.
Gli autori dei testi selezionati presenteranno il proprio libro alla Giuria dei Lettori, composta da oltre 300 membri, in incontri che si terranno di sabato, alle ore 17, nei mesi di febbraio, marzo, aprile 2023, presso luoghi storici del Chianti, secondo un calendario che verrà comunicato successivamente. A maggio 2023 la cerimonia finale.
I nomi dei finalisti sono stati resi noti oggi in un incontro a Impruneta, a cura del Rotary San Casciano-Chianti, sponsor della manifestazione, e del Comune. La 35° edizione del Premio è sponsorizzata dal Rotary San Casciano-Chianti, Coop di Greve in Chianti, Società di mutuo soccorso Fratellanza di Greve in Chianti, Consiglio Regionale della Toscana.

Marino Magliani, con 'Il cannocchiale del Tenente Dumont', esplora il tema della diserzione o più correttamente, della stanchezza della guerra, in cui alle scelte istantanee legate alla sopravvivenza nel combattimento si sostuiscono le scelte, apparentemente brevi, con le quali rigettare quelli che appaiono come diktat della Storia maiuscola.
'La combattente' di Stefania Nardini porta in risalto il tema della conoscenza dell'altro che ci sta accanto. L'idea olistica di un'appartenenza fa i conti con i dolori nascosti dell'altro e dell'altra che pure sono stati e sono vicini per quanto in una stagione di vedovanza. Quando ci si ama non tutto si può buttare in chi ci sta accanto: l'approdo a una vita desiderata fa guardare oltre le ferite del passato, ma prima o poi, certo in una forma nuova, bisogna farci i conti, anche sulla cenere.

Giulio Perrone, in 'America non torna più', svolge la trama di un rapporto tra padre e figlio: non si sa tutto dell'altro, ma si ama ed è ciò che consente di riabbracciare tutto quando la malattia ci consegna l'assenza, il ricordo, l'attesa di ritrovarsi, come un ministero e mistero itineranti.

Giorgio Scianna, con 'Le api non vedono il rosso', tocca il tema della responsabilità quando si progetta qualcosa che va al di là di noi e dei calcoli che ci davano sicurezza, travolgendo senza volerlo e senza aspettarselo la vita di qualcun altro, qualcuno di molto piccolo: una bambina. Scianna prende in esame il "processo" come simbolo non solo di responsabilità oggettive quanto di appuntamento necessario contro l'indifferenza, fosse anche la più buona.

Piera Ventre, nei racconti de 'Le stanze del tempo', registra la coincidenza tra geografia interiore e dimore, sentimenti e stanze in cui si è vissuti o dove hanno vissuto altri. Cosa direbbero le case se potessero parlare, le pareti di una stanza se raccontassero le vite di chi le ha avute come riparo? A ben ascoltare, fermandosi, si vedono, si ascoltano e si apprendono molte cose. Poi si aprono le finestre, per far respirare tutto.

03/12/2022 9.58
Redazione di Met


 
 


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