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Accesso difensivo e particolari categorie di dati. Limiti e modalità di esercizio
Per la cura dei propri interessi giuridici. Raffronto col Codice degli appalti

Ai sensi dell’art. 24, comma settimo, L. 241/90 s.m.i. e dell’art. 59 del D.Lgs. 193/2006 (come modificato dall’art. 5, comma 1, lett. a), n. 2), D.Lgs. 10 agosto 2018 n. 101), deve essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (c.d. “accesso difensivo”).

L’accesso difensivo previsto dalla L. 241/1990 prevale dunque sulla privacy e rende accessibili documenti contenenti dati personali comuni, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere gli interessi giuridici del richiedente.

Resta comunque ferma la possibilità di ricorrere alle tecniche di mascheramento dei dati personali comuni non strettamente necessari alla tutela degli interessi del richiedente l’accesso (Tar Basilicata Potenza Sez. I, sentenza n. 43 dell’8 luglio 2014; Tar Lombardia Milano Sez. IV sentenza n. 2702 del 9/1/2011).

Esistono alcune limitazioni dell’accesso difensivo ex L. 241/1990 in relazione a particolari categorie di dati.

Ai sensi del comma settimo dell’art. 24 L. 241/90 s.m.i. e dell’art. 59 comma 1 del D.Lgs 196/2003 (come modificato dall’art. 5 comma 1 lett. a) n. 2) del D.Lgs. 10 agosto 2018 n. 101), nonché alla luce dell’art. 9 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, qualora l’accesso “difensivo” abbia ad oggetto documenti contenenti dati sensibili, sensibilissimi e giudiziari, ossia “dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, dati genetici e dati biometrici intesi ad identificare in modo univoco una persona fisica, dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza”, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile ai fini difensivi.

Ai sensi del comma settimo dell’art. 24 L. 241/90 s.m.i e dell’art. 60 del D.Lgs. 193/2006 (così come modificato dall’art. 5, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 10 agosto 2018 n. 101), nel caso di documenti contenenti dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona, l’accesso “difensivo” è consentito solo se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile costituzionalmente garantito.

Peraltro qualora i predetti dati personali non siano rilevanti ai fini del soddisfacimento della richiesta di accesso difensivo, tali dati dovranno essere oscurati, in caso di accoglimento della richiesta di accesso, mediante qualsiasi tecnica idonea – che non consenta in alcun modo di risalire ai dati oscurati – ivi compresa l’apposizione di “omissis”.

Andiamo adesso ad analizzare un particolare profilo dell’accesso difensivo ex art. 24 comma settimo L. 241/1990.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, in virtù dell’art. 24, comma 7, della L. 241/90, va garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici,senza che da parte dell’Amministrazione possa legittimamente sindacarsi la fondatezza ovvero la pertinenza delle azioni che l’interessato intenda intraprendere; sicché, sotto tale profilo, è sufficiente che l’istante fornisca elementi idonei a dimostrare in maniera chiara e concreta la sussistenza di un tale astratto interesse che colleghi comunque la domanda di accesso ai documenti richiesti.

Pertanto, una volta accertato il collegamento tra l’interesse all’accesso e il documento richiesto, l’Amministrazione non può effettuare alcun apprezzamento specifico in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile(Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 2400 del 14/04/2020; Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 1664 del 9/03/2020; nello stesso senso, ex multis, Consiglio di Stato Sezione IV, sentenza n. 4209 del 6 agosto 2014; Tar Puglia Bari Sez. I, sentenza n. 1024 del 16/07/2020; TAR Calabria Reggio Calabria sentenza n. 382 del 26/05/2020; Tar Toscana Sezione I, sentenza n. 200 del 10/02/2017; Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 55 del 10/01/2007).

Una volta accertato il collegamento tra l’interesse all’accesso e il documento, ogni ulteriore indagine sull’utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale ovvero sull’esistenza di altri strumenti di tutela eventualmente utilizzabili è del tutto ultronea (Consiglio di Stato Sezione V, sentenza n. 5579 del 16/05/2019; Consiglio di Stato Sezione V, sentenza n. 4452 del 23/09/2015).

Per capire in cosa consiste il suddetto delicato discrimen si possono prendere in esame alcuni casi concreti affrontati dalla citata giurisprudenza.

Qualora la seconda classificata in una gara d’appalto impugni l’aggiudicazione e gli atti presupposti, rivolgendo le proprie censure verso tali atti, e qualora nel corso del giudizio formuli domande di accesso che attengono ad atti concernenti la fase di esecuzione del contratto di appalto (atti non contenenti dati sensibili o sensibilissimi), risulta evidente la mancanza di collegamento tra l’accesso difensivo e il documento cui si chiede di accedere.

In questo caso non sussiste nessun collegamento, nemmeno in astratto, tra la domanda di accesso difensivo afferente al giudizio attivato e la documentazione cui si chiede di accedere, in quanto il giudizio attivato riguarda la fase di gara, mentre la documentazione richiesta concerne la fase dell’esecuzione del contratto di appalto (Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 2400 del 14/04/2020).

Al contrario tale collegamento è stato ravvisato nel caso in cui, in pendenza di un giudizio di separazione o di divorzio, uno dei coniugi chieda di accedere alla documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale dell’altro coniuge (Tar Sicilia, Catania, Sezione III, sentenza n 457 del 7/03/2019; nello stesso senso Tar Sicilia Palermo, Sezione III, sentenza n. 693 del 6/04/2020; Tar Campania, Salerno, Sez. I, 30 07/2019 n. 1448; Tar Puglia Bari Sez. III sentenza n. 94 del 3/02/2017).
In materia di accesso ai documenti amministrativi, infatti, sussiste un interesse giuridicamente rilevante ad ottenere copia della dichiarazione dei redditi del coniuge dalla Agenzia delle Entrate, per comprovare, innanzi al giudice della separazione coniugale, la capacità reddituale del coniuge controinteressato al fine della esclusione e/o esatta quantificazione dell’assegno di mantenimento (Tar Sardegna Cagliari, Sez. II sentenza n. 191 del 3/03/2011; nello stesso senso, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 5347 del 29/07/2019; Tar Campania Napoli, Sez. VI, sentenza n. 5763 del 2/10/2018)

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Preme a questo punto sottolineare che l’art. 24 comma settimo della L. 241/1990 consente l’accesso, ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna limitazione alla sola dimensione processuale (Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 6121 del 9/12/2008).

L’accesso difensivo ex L. 241/1990 deve infatti essere garantito qualora sia funzionale a qualunque forma di tutela, sia giudiziale che stragiudiziale (Consiglio di Stato Sezione V, sentenza n. 3953 del 27 giugno 2018; Consiglio di Stato Sezione V sentenza n. 4813 del 18/10/2017).

Al contrario l’accesso difensivo previsto dall’art. 53 ultimo comma del codice degli appalti (D.Lgs. n. 50/2016), avente ad oggetto “le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali” contiene una previsione più restrittiva, richiedendo come presupposto per l’accesso la difesa del richiedente in uno specifico giudizio (Consiglio di Stato Sez. V, sentenza n. 4220 del 1/07/2020).

Tale accesso difensivo presuppone inoltre, secondo costante giurisprudenza, la “stretta indispensabilità” della documentazione richiesta al fine di curare o difendere i propri interessi giuridici, atteso che “nel quadro del bilanciamento tra il diritto alla tutela dei segreti industriali ed il diritto all’ esercizio del c.d. accesso difensivo ai documenti di gara cui l’impresa ricorrente ha partecipato, risulta necessario l’accertamento documentale dell’eventuale nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate, con la conseguenza che l’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe, secondo i principi generali del processo, su chi agisce” (Consiglio di Stato Sez. V, sentenza n. 1451 del 28/02/2020; Consiglio di Stato Sezione V, sentenza n. 7743 del 12/11/2019; Consiglio di Stato Sezione III sentenza n. 6083 del 26/10/2018).

Alla luce di ciò, al fine di acconsentire all’accesso difensivo in presenza di segreto industriale è necessario “un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta ed, in conseguenza, il necessario preliminare espletamento della c.d. prova di resistenza nei confronti dell’offerta della ricorrente, allo specifico fine di verificare la sussistenza del concreto nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza e la difesa in giudizio degli interessi della stessa impresa ricorrente, quale partecipante alla procedura di gara pubblica il cui esito è controverso” (Consiglio di Stato Sezione V, sentenza n. 1451 del 28/02/2020; nello stesso senso Consiglio di Stato Sezione III sentenza n. 6083 del 26/10/2018).

Si definisce prova di resistenza la prova che, in relazione alle specifiche censure dedotte, l’accoglimento del ricorso arrecherebbe una qualche utilità giuridicamente apprezzabile nella sfera del ricorrente.

E’ quindi accoglibile, ad esempio, la richiesta di accesso difensivo all’offerta tecnica dell’aggiudicatario formulata dal soggetto risultato secondo nella graduatoria della gara d’appalto, il quale contesta il punteggio superiore attribuito al primo classificato e vuole conoscere il contenuto specifico dell’offerta proposta dal medesimo.

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In tema di accesso difensivo ex art. 24, comma 7, della L. n. 241/1990, si è recentemente espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 4 del 18/03/2021, in relazione a documenti in possesso dell’Agenzia delle Entrate.

Non trattandosi di dati sensibili, sensibilissimi o giudiziari, l’Adunanza Plenaria ha statuito che essi sono accessibili se necessari a fini difensivi, ma la relativa istanza deve essere puntualmente ed esaurientemente motivata sul nesso di strumentalità necessario tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare e tutelare, non essendo sufficiente un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive.

Inoltre l’Adunanza Plenaria ha ribadito che la Pubblica Amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 del codice del processo amministrativo non devono invece svolgere ex ante alcuna valutazione sulla influenza e sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive. '''(Lina Cardona)'''

''Fonti'': Tar Basilicata Potenza Sez. I, sentenza n. 43 del 8/07/2014; Tar Lombardia Milano Sez. IV sentenza n. 2702 del 9/1/2011; Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 2400 del 14/04/2020; Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 1664 del 9/03/2020; Consiglio di Stato Sezione IV, sentenza n. 4209 del 6 agosto 2014; Tar Puglia Bari Sez. I, sentenza n. 1024 del 16/07/2020; TAR Calabria Reggio Calabria, sentenza n. 382 del 26/05/2020; Tar Toscana Sezione I, sentenza n. 200 del 10/02/2017; Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 55 del 10/01/2007; Consiglio di Stato Sezione V sentenza n. 5579 del 16/05/2019; Consiglio di Stato Sezione V, sentenza n. 4452 del 23/09/2015;
Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 2400 del 14/04/2020; Tar Sicilia, Catania, Sezione III, sentenza n 457 del 7/03/2019; Tar Sicilia Palermo, Sezione III, sentenza n. 693 del 6/04/202; Tar Campania, Salerno, Sez. I, 30 07/2019 n. 1448; Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 5347 del 29/07/2019; Tar Campania Napoli, Sez. VI, sentenza n. 5763 del 2/10/2018; Tar Puglia Bari Sez. III sentenza n. 94 del 3/02/2017; Tar Sardegna Cagliari, Sez. II sentenza n. 191 del 3/03/2011; Consiglio di Stato Sezione V, sentenza n. 3953 del 27 giugno 2018; Consiglio di Stato Sezione V sentenza n. 4813 del 18/10/2017; Consiglio di Stato Sez. V, sentenza n. 4220 del 1/07/2020; Consiglio di Stato Sez. V, sentenza n. 1451 del 28/02/2020; Consiglio di Stato Sezione V, sentenza n. 7743 del 12/11/2019; Consiglio di Stato Sezione III sentenza n. 6083 del 26/10/2018;
Consiglio di Stato Sezione V, sentenza n. 1451 del 28/02/2020; Consiglio di Stato Sezione III sentenza n. 6083 del 26/10/2018; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n. 4 del 18/03/2021.

27/04/2021 11.37
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