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BERTINI (SDI): APPELLO PER CANCELLAZIONE DELLA CONDANNA A MORTE EMESSA DAL TRIBUNALE DI HAIL IN ARABIA SAUDITA NEI CONFRONTI DI UNA VEDOVA ACCUSATA DI ADULTERIO
Presentata mozione

Il capogruppo del gruppo Misto–SDI in Consiglio provinciale Enrico Bertini ha presentato una mozione che chiede l’intervento della Provincia perché si attivi per far avere la grazia ad una vedova, accusata di adulterio, condannata a morte in Arabia Saudita. “Essere donna in Arabia Saudita è un peccato originale che non si finisce mai di scontare dalla culla alla tomba. Le donne saudite – spiega Bertini – non hanno diritto al voto, non possono viaggiare senza l’autorizzazione e presenza del marito o di un uomo della famiglia, non possono guidare e neanche mangiare da sole in un ristorante e solo dalla metà del 2006 hanno ottenuto di poter avere una carta di identità con sopra la foto del volto. Le donne non possono avere proprietà, avere un conto in banca, richiedere personalmente il passaporto o la carta d’identità (deve farlo il marito/padre/fratello), andare all’estero od entrare in un ministero o in un ufficio postale se non accompagnate da un uomo.
In questo caso la donna, vedova da sei anni e con tre figli, non essendo sposata, ma anche impossibilitata a poterlo fare in quanto priva del “tutore”, figura della famiglia che esercita la patria potestà su una donna per tutta la vita, ha portato avanti una gravidanza illegittima che per la Shariya islamica equivale all’adulterio e per questo è stata condannata alla pubblica lapidazione. La poveretta – conclude Bertini – è talmente plagiata da non voler nemmeno presentare ricorso perché desidera “purificarsi l’anima e conquistare il paradiso”. Sempre che questo desiderio non le sia stato fatto venire a suon di botte di suoi carcerieri. Per qualcuno questa è civiltà e qualsiasi altro commento è superfluo”.

Questo il testo della mozione presentata in Consiglio provinciale:
Premesso che diversi quotidiani italiani ed esteri hanno pubblicato la storia di una vedova saudita, la cui identità non è stata fornita, che è stata condannata a morte per lapidazione per aver portato avanti una gravidanza illegittima, considerata dalla legge della Shariya islamica alla pari di un adulterio,
considerato che la pena della pubblica lapidazione è stata comminata sulla base della legge Shariya, che è una forma di legge molto rigida basata sul wahabismo che prende il nome dallo studioso del corano Mohammad Ibn Abd al-Wahab, che nel XVIII secolo ha redatto un’ interpretazione del Corano che non prevede il riconoscimento dei diritti delle donne,
considerato che la vedova in questione, non essendo di origini arabe o saudite, per cui non ha parentele in Arabia Saudita, non può disporre di un “tutore” in mancanza del quale è impossibile, per le leggi in vigore nel paese mussulmano, firmare un eventuale contratto di matrimonio,
ricordato che il “tutore” è una figura prevista dalla Shariya, per la quale una donna mussulmana per tutta la vita è sottoposta alla tutela di un uomo (marito, padre, fratello maggiore oppure cugino) che esercita il diritto di patria podestà su di lei,
ricordato che la donna, oltre al figlio illegittimo, ha altri tre figli avuti dal defunto marito e che dopo la sua morte viveva in condizioni misere in una capanna di fango presso una moschea, offertale da un benefattore, ritenendo del tutto inaccettabile la condanna a morte così come indicato dall’art. 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata dall’ONU il 10 Dicembre 1948 (Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o a punizioni crudeli, inumani o degradanti) e ribadito anche all’art. 2 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (Ogni individuo ha diritto alla vita. Nessuno può condannarlo alla pena di morte, né giustiziarlo),
constatato che i governanti dell’Arabia Saudita, anche grazie alla pressione internazionale, cominciano a introdurre dei diritti civili per le donne, come quello di dare loro la possibilità di votare alle elezioni municipali,
considerato che negli anni passati sono stati presentati appelli per la cancellazione di condanne simili, come avvenne per Safya e Amina condannate in Nigeria alla lapidazione per adulteriom, che hanno portato quel governo all’annullamento della condanna a morte,
il Consiglio Provinciale di Firenze
impegna i Presidenti della Giunta Provinciale e del Consiglio Provinciale
1. a sollecitare il Presidente del Consiglio dei Ministri ad intensificare ogni iniziativa politica e diplomatica possibile nei confronti dell’autorità del governo dell’Arabia Saudita, affinché venga risparmiata la vita di questa vedova ed evitato un orrendo crimine e perché in generale ci sia l’abolizione della condanna a morte per lapidazione delle donne condannate per zina (adulterio, fornicazione e tutte le relazioni sessuali extraconiugali);
2. a far pervenire al Re Abdullah bin Abdul Aziz, tramite la sede dell’Ambasciata dell’Arabia Saudita a Roma, il testo della presente mozione quale richiesta, di questo Consiglio Provinciale, di concessione della grazia.

Il Consigliere Provinciale SDI
Enrico Bertini

22/11/2006 13.11
Consiglio provinciale di Firenze - Gruppo Misto-SDI