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CONSIGLIO STRAORDINARIO DEDICATO AL “GIORNO DEL RICORDO”
Ospite in Palazzo Medici Riccardi il prof. Spadaro. Approvata risoluzione con l’astensione di Rifondazione Comunista

Il Consiglio provinciale, riunito in seduta solenne, ha celebrato “Il Giorno del Ricordo” alla presenza del professor Stelio Spadaro, docente di lettere e filosofia a Trieste ed ex assessore provinciale alla cultura della Provincia di Trieste. Il Consiglio ha approvato, con 30 voti a favore e due astensioni di Rifondazione Comunista una risoluzione che impegna il Consiglio a farsi promotore di una energica azione di riscoperta e divulgazione delle vicende attinenti le terre italiane di Istria e Dalmazia al fine di costruire un percorso culturale e storico comune all’intera Nazione. Condanna l’uso della violenza come strumento di risoluzione dei conflitti e quelle forme di nazionalismo rivolte ad alimentare l’odio etnico ed a legittimare anche politicamente azioni di forza nei confronti di altre comunità; invita la Giunta a voler intraprendere appropriate iniziative affinché le vicende storiche qui ricordate trovino adeguato riscontro nei programmi scolastici e nelle iniziative didattiche delle Scuole; a realizzare in proprio iniziative e cerimonie con le quali ricordare l’esodo dalle loro terre dei cittadini istriani, dalmati e fiumani ed in particolare di quelli che hanno scelto Firenze e la sua provincia come loro nuova dimora.
Nell’intervento introduttivo il Presidente Massimo Mattei ha ricordato che: “Il Giorno del Ricordo è stato istituito con la legge 92 del 30 marzo 2004. In realtà, questa legge era già stata pensata nel 2001, quando c’era una maggioranza diversa in Parlamento e fu soltanto un problema tra le due Camere che non fece approvare definitivamente la legge. La legge, infatti, fu approvata dalla Camera dei Deputati, ma non arrivò in Senato perché ci fu lo scioglimento della legislatura. Questo a far capire che “Il Giorno del Ricordo” è un momento di riflessione che interessa tutti al di là delle maggioranze che poi hanno approvato la legge. È una ferita crudele, che ancora non è stata sanata, che ha fatto soffrire tanti italiani, che si sono visti privati della casa, della loro terra, dei loro averi; una tragedia che ancora non ha trovato la sua degna conclusione e che, per citare l’intervento del Presidente della Camera che mi sembrava particolarmente significativo, che ha detto che la vicenda degli esuli Giuliano–Dalmati è una delle pagine più drammatiche della nostra storia recente, ha segnato la tormentata storia del confine orientale attraverso una lunga sequenza di eventi tragici in cui lo scontro ideologico si è unito all’intolleranza etnica, gli orrori della guerra alla follia dei totalitarismi; e poi, ricordando davanti al prof. Toth che, tra l’altro, proprio l’anno scorso fu ospite di questo Consiglio provinciale, oggi in ricordo della dignità vilipesa di quei nostri connazionali fa parte a pieno titolo del patrimonio comune di fatti, di valori e di principi che consente a tutte le nazioni, a tutti gli italiani e italiane di riconoscersi parte di una medesima collettività. Le tragedie dell’uomo, proprio rileggendo anche quanto diceva il Presidente della Camera, non hanno confini né colore politico, sono indistinte, inqualificabili manifestazioni dell’odio e della barbarie, il cui ricordo non deve essere cancellato ma, al contrario, deve sempre essere vivo affinché tali nefandezze non abbiano più a ripetersi. Ancora oggi – ha proseguito Mattei – noi vogliamo mantenere vivo il ricordo di maestri, preti, soldati, operai e studenti seviziati e uccisi dalle milizie Jugoslave, nelle scuole, in strade, in chiesa, uccisi in casa propria; ne ricordiamo anche quei carnefici spesso ancora impuniti, prosciolti dall’accusa di sterminio per avere operato in territorio extranazionale o mai neanche processati. Qualche politico locale ha detto che le istituzioni toscane non hanno ricordato abbastanza questa giornata, e devo dire che forse dimentica quanto ha fatto la Provincia di Firenze, quanto questo Consiglio provinciale ha lavorato affinché oggi si arrivasse a un momento condiviso da tutto il Consiglio e come, anche l’anno scorso, per fare un esempio, con il prof. Toth, avemmo un momento forse tra i più alti della storia dell’ultima legislatura, e volevo ricordare anche a chi spesso tenta di strumentalizzare un momento che dovrebbe essere unitario, che questa Provincia il 4 marzo farà un’altra iniziativa importante promossa dalla Giunta provinciale per ricordare ancora una volta quello che è successo. Il 4 marzo sarà organizzato un incontro per le scuole ed è importante soprattutto diffondere nelle scuole e far conoscere quello che è successo, un incontro con lo storico Giovanni Oliva con Guido Brazzaduro che è il Presidente dell’associazione dei fiumani, con Miriam Andretini che è la delegata per la provincia di Firenze e dell’associazione nazionale Venezia Giulia e verrà proiettato un film importante, un documentario esodo “La Memoria Tradita e l’Italia Dimenticata” di Nicolò Bongiorno, il film che ricostruisce gli avvenimenti attraverso i documenti e le testimonianze di uomini che hanno vissuto quelle vicende. Per non dimenticare, è questo l’importante, e far sì che “Il Giorno del Ricordo” prosegua sempre e non si esaurisca il 10 febbraio e basta”.
Il professor Stelio Spadaro ha iniziato il suo intervento citando il poeta ed intellettuale Giuliano Biagio Marin: “Se ci avessero detto: “Siamo a terra, cercate di resistere nel miglior modo possibile”, noi avremmo accettato qualsiasi sacrificio, ma invece hanno detto: “Abbiamo perso la guerra, e voi e la vostra, la vostra, non la nostra, terra siete il prezzo con il quale intendiamo pagare le nostre colpe, riscattare la nostra pace”. Questo è quanto scriveva Biagio Marin, poeta, intellettuale Giuliano nell’immediato dopoguerra. Dovevano passare molti anni prima che nel 2004 il Parlamento italiano, a stragrande maggioranza, approvasse la legge sul “Giorno del Ricordo”. Con quell’atto la tragedia del confine orientale, le Foibe, l’esodo degli italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia erano riconosciute dalla Repubblica come eventi riguardanti l’intera Nazione, non più soltanto la periferia direttamente colpita. Ma a lungo la considerazione di Biagio Marin risultò inascoltata. Biagio Marin era un uomo del Comitato di Liberazione Nazionale Giuliano, uno dei membri dei quattro CLN Giuliano–Triestini. La dissoluzione di un’intera regione del Paese, con tutte le sue implicazioni storiche e umane, era un fatto troppo scandaloso per l’Italia dell’immediato dopoguerra, desideroso di ricominciare a vivere e quindi di dimenticare. Come tale, quel fatto restò incompreso e rimosso. Ci si scaldò per qualche anno al fuoco snervante delle questioni di Trieste, ma il nodo dell’esodo di 300 mila, 350 mila persone fu lasciato in bocca solo alla comunità degli esuli, in Italia e all’estero, e l’allora attività generosa, incessante, decennale, intrecciata al lavoro solo di alcuni storici è alla base della nostra possibilità di ricordare. Ma quella memoria è stata salvata, quelle sofferenze sono riemerse dall’oblio con fatica, insieme agli altri pezzi del mosaico Giuliano, tra guerra e dopoguerra, l’aggressione della Jugoslavia da parte dell’Italia fascista, dopo venti anni di sistematica oppressione degli sloveni e dei croati della Venezia Giulia e l’efferatezza delle Foibe, una violenza non soltanto spontanea e reattiva, come per anni una certa accademia dell’ideologia ha amato ripetere, ma più sostanzialmente politica, pianificata, con elenchi che abbiamo a disposizione, collegata alla costruzione rivoluzionaria dello Stato comunista in Jugoslavia, nel quale stato comunista, in Jugoslavia, la componente italiana era vista dai vertici del nuovo potere come un problema affrontato e risolto in un mix di ideologie e di nazionalismo che durò più di un decennio. Ma con uguale tranquillità e fermezza, più di una parola va spesa sulle pesanti complicità del Partito Comunista Italiano. Non solo è mancata una lealtà di base verso i propri connazionali uccisi e perseguitati in massa, non solo si è ostentata estraneità per le ferite patite dall’Italia sul fianco orientale come se fosse un’altra storia, fosse una colonia balcanica, e non era così, ma il deficit ha coinvolto qualcosa di profondo. Nella tutela e nella gestione della memoria delle Foibe e dell’esodo ,la destra nel dopoguerra ha fatto il suo dovere di destra, ha formulato discorsi spesso il più delle volte regressivamente recriminatori che alimentavano le tradizioni anziché risolverle, che cercavano di difendere l’indifendibile, un ventennio indifendibile, ma non lo stesso si può dire per una parte cospicua della sinistra, perché essa ha tradito su questo terreno una delle sue vocazioni principali: quella dell’ascolto e della solidarietà, è ciò che si dice quando deve essere detto con lucido bilancio delle cose. Il vuoto di dialogo tra la Venezia Giulia e una sinistra incapace di ascoltare ha rappresentato uno dei fattori che maggiormente hanno ostacolato l’insediamento di questa Regione all’interno della coscienza repubblicana e ha minato e indebolito il significato di quella tragedia e di quelle vicende e ha, allo stesso tempo, rimosso il problema del costo che i Giuliani hanno pagato per la guerra di aggressione del fascismo. Ma non solo a sinistra si è evitata una riflessione aperta. Come denunciava Marin si è trattato di un vuoto molto più ampio, un vuoto che affonda antiche radici nella debole coscienza nazionale del Paese, e ha avuto diverse ricadute. Prima di tutto, ignorare il dato della distruzione della Venezia Giulia, dimenticare l’esodo ha significato cancellare dalla memoria nazionale la grande civiltà, la vittima di lingua italiana dell’Adriatico orientale. E io dico questo con molta tranquillità, in una città come Firenze, perché so che le vicende degli italiani della costa orientale dell’Adriatico qui a Firenze è nota e la città è una terra adatta a capire bene di cosa sto parlando, i rapporti intellettuali, civili, morali degli intellettuali Giuliani con Firenze dura tutto il ‘900. Ma io voglio parlarvi di un’altra cosa che, doverosamente, deve essere portata all’attenzione del Paese. Ci fu un’altra Venezia Giulia, non parte separata rispetto a quella che ho detto prima, ma dentro queste vicende perché altrimenti si riceve l’impressione che quello sia un territorio, come dire, di infoibatori e infoibati, di ingiustizie e di sofferenze e di gente che provoca quelle sofferenze. No, in questo territorio plurale, profondamente connotato da questa caratteristica etnica di pluralità che da sempre esiste, c’è un altro modo di essere italiani nella Venezia Giulia e nella Dalmazia, può far scomodo alle interpretazioni slovene – croate quest’altro modo, può essere che ciò faccia scomodo ai nostri nazionalisti o reduci di colture totalitarie, ma in realtà lungo tutto il ‘900 ci fu un altro modo di essere italiani nella Venezia Giulia e a guardare da vicino quest’altro modo noi ci accorgiamo che emerge una tradizione consistente che comincia alla radice del ‘900. Riflettere sul ‘900 giuliano ci porta a questa conclusione, a pensare alla lezione per oggi: ogni volta che le istituzioni politiche hanno cercato di ridurre o annullare la pluralità nazionale di un territorio, facendosi motore sul piano pubblico di identità monolitiche ed esclusive – e potrei fare un lungo elenco da quando ai bambini sloveni e croati si è impedito di parlare nelle scuole e nei luoghi pubblici sloveno e croato, mandando nell’intervallo le maestre a stare attente che non parlassero sloveno, a quando nel ‘45, ‘46, ‘47, nei vari posti dell’Istria, bisognava solo spiegare ed insegnare lo sloveno e il croato – ogni volta che le istituzioni politiche pubbliche hanno cercato di ridurre o annullare la pluralità nazionale in questo territorio, come tutti i territori facendosi motore sul piano pubblico di identità monolitiche ed esclusive, l’equilibrio delle società locali, e sto parlando in questo caso della Venezia Giulia e della Dalmazia, è venuto meno in modo drammatico questo equilibrio, questo stare insieme, questa capacità di stare insieme; si sono prodotte lacerazioni indelebili, si è alterata violentemente la stessa demografia originaria della regione, il caso dell’esodo dall’Istria e da Fiume è quello più esemplare. E quando e dove, come in questo caso è avvenuto, che i nazionalismi sono stati inglobati nelle strutture totalitarie del fascismo e del comunismo, le forme statali di controllo, di coercizione e negazione dell’altro hanno raggiunto il vertice della loro funesta efficacia. È una lezione che chiede che tutte le pagine di quella vicenda vengano aperte. Molto spesso una pagina, un’efferatezza è stata adoperata contro un’altra efferatezza per giustificare un’altra efferatezza, invece è chiaro che la lezione ci viene significa dire che tutte le pagine devono essere aperte, tutti i misfatti devono essere chiariti ed aperti, questa è la nostra responsabilità di cittadini italiani ed europei. L’auspicio – ha concluso Spadaro – è che la ricorrenza del 10 febbraio serva anche questo: a diffondere nella nostra società, sempre più integrata in chiave europea, una memoria condivisa perlomeno, nei suoi fondamentali caratteri totalitari; sentiremo così più sicura e rafforzata la nostra democrazia, e sappiamo che in un territorio plurale la democrazia è una condizione indispensabile, non è un optional. Io credo, per concludere, che quel richiamo continuo che questi intellettuali giuliani, la cui presenza ho cercato di segnalare, questo richiamo continuo di questi intellettuali, di questi uomini di cultura all’Europa, alla prospettiva europea abbia questo significato intimo proprio: la volontà di un’integrazione che vada oltre le etnie e oltre i totalitarismi.
Targetti, motivando l’astensione di PRC ha detto: “Noi ci associamo al ricordo di tutte le vittime dei lutti e delle sofferenze che sono state prodotte da tutte le vicende delle Foibe, ma il perché della nostra astensione non è sul testo del documento, né per ignorare l’insieme della tragedia delle Foibe, ma noi sentiamo l’esigenza di dare un senso più profondo a queste iniziative nel Consiglio provinciale su queste vicende che riguardano tutto il confine orientale dalla fine della Prima Guerra Mondiale fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con tutta la vicenda dei profughi che ha coinvolto circa 350.000 persone. Noi crediamo che, da un lato, occorra discutere, ricercare, indagare, conoscere, andando nel merito, anche in modo polemico tra di noi, anche tirando fuori le nostre letture storiche, che non sono uguali. Sappiamo benissimo che ci sono visioni e letture anche diverse di quelle vicende, ma discutere, ricercare, conoscere, senza fermarsi a magari un documento che rischia di rimanere appunto in superficie e di non approfondire; dall’altro, noi crediamo che non si debba dare spazio né a riscritture di storie interessate né a forme di revisionismo storico. Per questo, nell’astenerci da questo documento, proponiamo, ancora una volta, che la prossima volta che affrontiamo questo tema, che noi vogliamo affrontare ed approfondirlo entrando nel merito delle vicende, in un contesto che racchiuda dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale, consapevoli che la logica della pulizia etnica, dei nazionalismi, che per altro hanno caratterizzato le recenti guerre nella ex Jugoslavia non debbano ripetersi, mentre, invece, abbiamo bisogno di una convivenza multietnica e di un nuovo meticciato dove anche popolazioni con origine diverse sappiano convivere”.

Questo il testo integrale della risoluzione sul 10 febbraio, Giorno del Ricordo

IL CONSIGLIO PROVINCIALE

Premesso che risulta sempre più diffusa l’esigenza di ricostruire una memoria nazionale partecipata e condivisa;
Rilevato che in questa ottica e con il giusto spirito si stanno rileggendo pagine oscure della storia nazionale fin qui cancellate o mantenute nell’oblio;
Preso atto che su questi principi il Parlamento italiano con legge 30 marzo 2004 n. 92, ha istituito il 10 febbraio quale “Giorno del Ricordo” al fine di conservare, promuovere e rinnovare la memoria della tragedia di tutte le vittime delle foibe e dell’esilio forzato dalle loro terre di istriani, dì fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale;
Rilevato che nella giornata dedicata al ricordo sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado ed è altresì richiesto alle Istituzione ed Enti di favorire la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da rafforzare la memoria di quelle tragiche vicende;
Richiamata la propria precedente mozione del 10 settembre 2007 con la quale si impegnava il Presidente della Giunta ad inserire, tramite una verifica della fattibilità, all’interno del pacchetto di offerte formative per gli studenti degli Istituti di scuola media superiore denominato “Costruttori di cittadinanza” un progetto che miri alla conoscenza del contesto storico “dall’occupazione fascista agli anni del dopoguerra” del dramma delle foibe e dell’esodo dei 350.000 istriani giuliani e dalmati in modo da contribuire ad una formazione storica con coscienza critica e consapevole delle giovani generazioni;
Ricordato che la città di Firenze e la sua provincia hanno avuto l’onore di ospitare, a ridosso del periodo dell’esodo, numerosi cittadini istriani, dalmati e fiumani che pur di rimanere italiani scelsero proprio il nostro territorio come loro nuova dimora nel convincimento che questo rappresentasse la cultura e la storia italiana;
Ricordato inoltre che la biblioteca Nazionale Centrale di Firenze vanta, unica in Italia oltre a Trieste, il Fondo “Istria, Fiume e Dalmazia” dedicato alle vicende storiche della Venezia Giulia e della Dalmazia e che attraverso un cospicuo patrimonio bibliografico difende e diffonde la memoria di un drammatico capitolo della storia italiana che non deve essere dimenticata e che le nuove generazioni devono apprendere;
Ritenuto che la celebrazione del Giorno del Ricordo aiuta a rendere tutti più forti e credibili nella difesa e nell’affermazione dei valori fondamentali sui quali è nata e si è costituita la nostra Repubblica tra i quali la pace, la libertà, la tolleranza, l’antifascismo, il rispetto della dignità umana e della persona;
Richiamati recenti interventi del Presidente della Repubblica che relativamente il Giorno del Ricordo ha affermato “è giunto il momento che i ricordi ragionati prendano il posto dei rancori esasperati”;
Ritenuto anche per questi motivi, che la storia delle vergogne e degli eccidi compiuti da tutti i totalitarismi vanno sempre comunque ricordati per stimolare serie riflessioni e anche per favorire la consapevolezza della necessità di diffondere i valori democratici;
Auspicando infine che la nostra Provincia si faccia promotrice, a vari livelli, di iniziative con le quali contribuire a risarcire di una ignobile damnatio memoriae il vulnus storico di un popolo chiamato alla continua ricerca di se stesso;

SI IMPEGNA

A farsi promotore di una energica azione di riscoperta e divulgazione delle vicende attinenti le terre italiane di Istria e Dalmazia al fine di costruire un percorso culturale e storico comune all’intera Nazione.
CONDANNA

L’uso della violenza come strumento di risoluzione dei conflitti e quelle forme di nazionalismo rivolte ad alimentare l’odio etnico ed a legittimare anche politicamente azioni di forza nei confronti di altre comunità

INVITA LA GIUNTA

A voler intraprendere appropriate iniziative affinché le vicende storiche qui ricordate trovino adeguato riscontro nei programmi scolastici e nelle iniziative didattiche delle Scuole;
A realizzare in proprio iniziative e cerimonie con le quali ricordare l’esodo dalle loro terre dei cittadini istriani, dalmati e fiumani ed in particolare di quelli che hanno scelto Firenze e la sua provincia come loro nuova dimora.

Il Presidente del Consiglio
Massimo Mattei

11/02/2008 18.14
Provincia di Firenze