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Arcidiocesi di Firenze
L’arcivescovo di Firenze celebra la Messa solenne nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore
Omelia Solennità Assunzione
La liturgia della parola ci ha proposto, nella prima lettura, una delle visioni più note del veggente di Patmos, in cui risaltano le figure dell’arca santa e della donna con il proprio figlio, a cui si oppone l’enorme drago rosso che trascina con la coda le stelle del cielo per precipitarle sulla terra, simbolo delle avversità che il popolo di Dio incontra costantemente nella storia, senza però che i suoi nemici riescano a sconfiggerlo. Il contesto della festa odierna ci indirizza tuttavia a posare lo sguardo sulla «donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle» (Ap 12,1).
La luce circonda e promana dalla donna, in cui riconosciamo il destino glorioso dell’umanità redenta, che Maria anticipa nella sua persona. Nella donna dell’Apocalisse riconosciamo il popolo di Dio che porta il Messia al mondo, ma noi sappiamo che questa generazione divina ha la sua prima origine nell’umanità della Vergine Maria, la Madre del Figlio di Dio. È Maria dunque per noi la donna della visione, la cui maternità si prolunga nel tempo nella Chiesa, che continua a generare il Salvatore per l’umanità. I misteri della vita di Maria hanno una stretta connessione con la vita della Chiesa.
La visione dell’Apocalisse rimanda a un mistero grande, quello per cui, in primo luogo, l’umanità di Cristo, nella sua risurrezione e ascensione, porta la sua umanità nel seno della divina Trinità, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo; il mistero in forza del quale l’umanità di Maria è assunta nel suo spirito e nel suo corpo in cielo già al termine della sua vita; infine a questo mistero, nella speranza, viene orientata l’intera umanità dei redenti, in quel compimento ultimo della storia che sarà la fine del tempo e l’inizio della pienezza del regno di Dio per l’eternità. Questa scansione evidenzia in Gesù il fondamento di questo mistero, ma tra il prima di Cristo e il poi, alla sua venuta, di tutti i redenti, si colloca la vicenda di Maria, a cui, per singolare privilegio, è stato dato di anticipare quel che per tutti avverrà alla fine dei tempi. In Maria ci è dato di contemplare ciò che saremo e ci è dato di verificare quale potere di vita nuova risiede nella risurrezione inaugurata da Cristo, primizia della nuova umanità.
Nel mistero dell’assunzione di Maria al cielo ci è dato di contemplare il senso dell’opera di salvezza attuata dal suo Figlio, che proietta l’umanità verso quel destino divino cui l’aveva indirizzata il suo essere stata creata a immagine e somiglianza del Creatore, un termine che gli uomini avevano perduto a causa del peccato. Cristo ci salva perché ci rigenera a questo destino soprannaturale, non malgrado la nostra umanità ma in essa e attraverso di essa.
Qui si svela l’assoluta distanza del cristianesimo da quella natura alienante con cui vorrebbero etichettarlo gli umanesimi atei della modernità e dell’era contemporanea. Il cristianesimo è tutt’altro che un’alienazione, proprio perché ciò che viene salvato è lo spessore umano della persona e della società. Essere cristiani non significa negare ciò che ci appartiene come uomini, ma sapere che esso ha un destino divino ed eterno. Lungi dal disattendere i nostri compiti umani, lungi dall’indurre a un disimpegno nei confronti della storia, la fede cristiana aiuta invece a porre le vicende umane nel loro orizzonte proprio, che è quello eterno, di una eternità che non significa porsi fuori del tempo, ma aprirsi al suo compimento.
Sta qui la radice ultima della dignità della persona umana, per cui la fede ci invita a combattere anzitutto contro la massificazione spersonalizzante, a cui vorrebbe condannarci la società dei consumi, e contro l’anonimato conformista, a cui vorrebbe aggregarci la comunicazione dei social. Ma la dignità della persona destinata all’eternità del cielo è anche richiamo a un impegno senza limiti per redimere tutte le situazioni di disumanità, di povertà e di emarginazione in cui versano tanti uomini e donne tra noi e nel mondo.
In quest’ottica sento doveroso condividere l’ansia e la speranza con cui continuiamo a seguire la scomparsa della piccola Kata, un crimine che si è consumato in un contesto di emarginazione di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili. La stessa preoccupazione, come ripeto da tempo, va nutrita verso le condizioni di abbandono in cui versa il nostro carcere di Sollicciano, così come altri penitenziari nel Paese, di cui sono tragici segnali i numerosi suicidi: da anni se ne denunciano la fatiscenza, le carenze igieniche e sanitarie, il sovraffollamento, l’insufficienza di percorsi educativi e l’assenza di lavoro. Infine, merita sottolineare come difendere la dignità umana, a cui richiama l’odierna festività, esiga di combattere la manipolazione della verità che si consuma nell’assuefazione al politicamente corretto, nella divulgazione delle fake news, nel conformismo culturale, nella decostruzione della figura dell’umano e del suo rapporto con l’ordine naturale.
In quanto destinate all’eterno, le cose di questo mondo non sono indifferenti per il cristiano, che al contrario si trova impegnato a garantirle sempre nella loro verità, proprio perché sa che esse hanno un destino eterno. Non deve pertanto meravigliare se i cristiani si trovano a difendere le radici profonde delle realtà umane, quando esse sono minacciate, in prima fila a custodirne consistenza e integrità. Ne va della pertinenza dei credenti al mondo oltre che della loro visione di fede, perché le cose della terra stanno ad essi a cuore non meno delle cose del cielo, dal momento che esse da quel cielo hanno origine, a esso sono destinate, e in quell’orizzonte vanno quindi comprese.
Vale per la vita umana, dal concepimento al suo naturale declino, come anche per la famiglia perno della comunità, per la dignità di ogni persona in tutte le sue fondamentali espressioni e nel riconoscimento dei suoi diritti primari compreso quello alla libertà culturale e religiosa.
Sono principi fondamentali, quelli che hanno ispirato l’apporto dei cattolici alla nostra Costituzione, come abbiamo ricordato celebrando gli 80 anni del “Codice di Camaldoli”. L’auspicio è che anche oggi il mondo cattolico italiano sappia far rinascere quella forza generativa di rinnovamento sociale che trae ispirazione dal cielo a cui siamo destinati.
La recente esperienza di tanti giovani fiorentini presenti alla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona ci dice che c’è un presente e un futuro di impegno di fede e di vita da accompagnare e coltivare.
Lo squarcio di cielo che Maria apre oggi su di noi ci attrae indicandoci la meta e nel contempo ci illumina sostenendoci nel cammino. Nel cielo, con Maria, entra un frammento della nostra terra: questo ci rende più responsabili verso le cose di quaggiù, proprio perché le sappiamo destinate lassù.

16/08/2023 9.18
Arcidiocesi di Firenze