Regione Toscana
Consiglio della Regione. Sanità: suicidio medicalmente assistito, proseguono audizioni su proposta di legge d’iniziativa popolare
In commissione Sanità sentiti l’Osservatorio di bioetica di Siena, il Movimento per la Vita, l’Associazione medici cattolici italiani, la Fondazione Ant, il Centro studi ‘Rosario Livatino’, il Network ‘Ditelo sui tetti’ che aveva chiesto di essere ascoltati
Proseguono le audizioni della commissione Sanità, presieduta da Enrico Sostegni (Partito democratico), per gli approfondimenti sulla proposta di legge di iniziativa popolare ‘Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 242/2019’.
La commissione ha sentito nel pomeriggio di ieri, martedì 19 novembre 2024, l’Osservatorio di bioetica di Siena, il Movimento per la Vita, l’Associazione medici cattolici italiani, la Fondazione Ant, il Centro studi ‘Rosario Livatino’, il Network ‘Ditelo sui tetti’, che avevano inviato richiesta di essere ascoltati. Nei mesi scorsi, dopo che i promotori, i rappresentanti dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, hanno depositato la proposta di legge presso la presidenza del Consiglio regionale supportata da oltre 10mila firme autenticate (il 14 marzo scorso), si sono tenute le audizioni degli stessi promotori, dei rappresentanti delle Asl e dell’Ordine dei medici, e di due esperti costituzionalisti, i professori Corrado Caruso ed Emanuele Rossi.
Alessandro Candido, docente di diritto costituzionale all’Università di Milano-Bicocca, è intervenuto per il network ‘Ditelo sui tetti’, “grande osservatorio di fatti sociali e politici con l’attenzione ai più deboli”. Secondo il suo giudizio, basato su sentenze della Consulta e sulla giurisprudenza, “nessuna legge regionale può intervenire su questa materia e l’assenza di una specifica normativa nazionale non vale in alcun modo a renderla legittima. Legiferare in questa materia da parte delle Regioni costituisce una fuga in avanti”.
Sulla stessa linea Carmelo Leotta, docente di diritto penale all’Università europea di Roma, intervenuto per il centro studi ‘Rosario Livatino’: “Questo testo va ben oltre tempi e modalità, ha un contenuto innovativo fondamentale rispetto a quello della sentenza 242 della Corte costituzionale. Si trasforma la richiesta di suicidio assistito in un diritto soggettivo, compiendo un salto qualitativo che dovrebbe portare a introdurre anche l’obiezione di coscienza, cosa che non è possibile. C’è una mancata previsione del rispetto delle modalità previste dalla legge 219 del 2017 sul consenso informato. Terzo aspetto fondamentale riguarda il tipo di coinvolgimento della sanità pubblica, prevedendone una funzione attiva”.
In rappresentanza del Movimento per la vita, è intervenuto Leonardo Bianchi, docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze: “Su temi di questo tipo non si possono venire a determinare ingiustificabili disparità di trattamento, in contrasto con la Costituzione e con principi supremi della stessa Carta costituzionale. A cominciare dal principio di eguaglianza: come sancito dalla Corte costituzionale, il diritto della persona di essere curata efficacemente deve essere garantito in condizioni di eguaglianza attraverso la legislazione generale dello Stato. Che si tratti di una competenza legislativa esclusiva dello Stato mi pare dimostrato. Pressoché la generalità degli studiosi, che pure giungono a conclusioni di merito differenti – ha concluso Bianchi – converge sulla non appropriatezza e incongruità della legge regionale come strumento di disciplina della procedura suicidaria”.
Secondo Carla Minacci, dell’associazione Medici cattolici italiani, “la sentenza della Corte costituzionale dalla quale questa proposta di legge prende le mosse, ribadisce la centralità del diritto alla vita. Il diritto alla vita è indisponibile a tutela prioritariamente dei più fragili. La proposta di legge non fa espressamente riferimento all’obiezione di coscienza. La vita ha dignità solo se performante? Non dovremo andare nella direzione di riconoscere un diritto a uccidere”.
Silvia Leoni, è intervenuta per la Fondazione Ant: “Chiediamo prima di tutto di garantire l’accesso alle cure palliative. Sono un medico palliativista, tra i nostri principi etici il primo punto è la vita in dignità, che non significa non accettare la morte o accanimento terapeutico. Non posso pensare che una persona malata abbia meno valore e non possiamo accettare la cultura dello scarto. Dove c’è la possibilità di cure palliative, la persona il più delle volte cambia idea”.
Secondo Giuliana Ruggeri, presidente dell’Osservatorio di bioetica di Siena: “C’è in ballo una questione antropologica. Bisogna chiederci che tipo di società vogliamo. Non è un problema di autodeterminazione, in ballo c’è una libertà che non può diventare un diritto. In molti casi, l’autodeterminazione diventa ‘eterodeterminazione’. Si vuole che la morte sia deliberata, avallata e consentita dal sistema sanitario nazionale. Domandiamoci quale deve essere la funzione fondamentale del sistema sanitario. Non bisogna lasciare soli i malati”.
Resta aperto il confronto in commissione, che ha visto gli interventi, oltre al presidente Sostegni, di Donatella Spadi (Pd), Diego Petrucci (Fratelli d’Italia), Giovanni Galli (Lega).
20/11/2024 12.24
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