Regione Toscana
Consiglio della Regione. Detenuti: la messa alla prova, alternativa alla detenzione
A palazzo del Pegaso nel convegno ‘Giustizia nella Comunità’, organizzato dal Garante della Toscana. L’assessora Serenza Spinelli: “Dobbiamo creare la cultura della misura alternativa al carcere”; il garante Giuseppe Fanfani: “Occorre un’inversione culturale che non consideri più la messa alla prova uno stratagemma per evitare il processo e ottenere l’estinzione del reato ma uno strumento per creare un percorso rieducativo esterno”
Messa alla prova e lavori di pubblica utilità come strumenti di costruzione di un’alternativa alla detenzione. Di questo si è parlato, questa mattina, nel convegno “Giustizia nella Comunità. Il ruolo della società civile e della comunità nella costruzione di una alternativa alla detenzione”, organizzato dal Garante della Toscana Giuseppe Fanfani nell’Auditorium di palazzo del Pegaso.
Come ha spiegato la coordinatrice del convegno Katia Poneti “introdotta nel 2014 e ampliata nel 2022 con la Riforma Cartabia, la sospensione del procedimento con messa alla prova ha lo scopo di deflazionare la giustizia penale e di ridurre gli ingressi in carcere. A tal fine sospende il procedimento penale e sottopone la persona imputata a un programma trattamentale, che comprende un’attività a favore della collettività, il lavoro di pubblica utilità appunto, da svolgere pressi gli enti convenzionati con il Tribunale. Il buon esito della messa alla prova estingue il reato”.
Poneti ha ricordato alcuni numeri “al 2023 sono 26mila 84 le applicazioni di messa alla prova a livello nazionale, delle quali 5mila 51 in Toscana, un dato che fa pensare – continua- perché le presenze di detenuti in carcere sono in aumento dai 60mila del 2023 ai 62mila 427 ad oggi, questo indica che quei 26mila in messa alla prova non sono stati sottratti alle persone in carcere”.
“Il progetto ha voluto creare una rete tra le associazioni toscane coinvolte nei lpu/messa alla prova, valorizzando il confronto e lo scambio di buone pratiche – ha detto l’assessora alle politiche sociali Serena Spinelli – è importante lavorare in sinergia con lo stesso obiettivo, quello di costruire percorsi che siano alternativi alla detenzione”. “Sappiamo che alle misure alternative abbiamo la necessità di far accedere più persone possibili e che talvolta quelli più fragili vi accedono con più difficoltà”. “Dobbiamo creare - conclude – cultura della misura alternativa al carcere”.
Il progetto ha preso le mosse dal modello di intervento in materia, elaborato dall’associazione La Società della Ragione, in collaborazione con LabCom, a partire dalla propria esperienza sul campo come ente che, in base ad apposita convenzione col Tribunale di Firenze, accoglie persone che devono svolgere lavori di pubblica utilità. Tale modello di intervento è stato descritto nel volume “Giustizia nella comunità”, presentato durante il convegno.
“Che le carceri non funzionino e che siano ‘quasi’ un deposito del materiale umano che la società considera di scarto e degli ultimi è pacifico – ha detto Giuseppe Fanfani -. A fronte di questa situazione drammatica c’è stato un tentativo importante con la legge Cartabia che ha dato maggior rilevanza ai percorsi esterni, come la messa alla prova”. “Dovrebbe essere un percorso serio per sostituire questo nuovo istituto alla pena principale che non serve a niente. Questo presuppone però che ci sia una struttura esterna particolarmente efficiente, che la società sia in grado di affrontare questo problema e che vi sia un’inversione culturale importante che non consideri più la messa alla prova come uno stratagemma per evitare il processo e ottenere l’estinzione del reato ma sia uno strumento per creare un percorso rieducativo esterno”.
Sono state presentate le “linee guida per programmi qualificati di messa alla prova/lavori pubblica utilità”, elaborate dalla Società della Ragione nell’ambito del progetto “LPU-MAP - Rete x modello alternativa alla detenzione”, finanziato dall’assessorato regionale alle politiche sociali, con il contributo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Lo scopo di tali linee guida è quello di fornire agli enti del terzo settore che accolgono queste persone alcuni criteri di riferimento per seguirli nel reinserimento sociale. Dalla valutazione del caso individuale, all’integrazione delle attività inserite nel programma fino alla dimensione educativa e formativa.
Erano presenti il professore di Sociologia del diritto e sociologia della devianza all’Università di Firenze Vincenzo Scalia, per la Società della Ragione, associazione di promozione sociale (APS), senza scopo di lucro, fondata agli inizi del duemila, Giulia Melani e Grazia Zuffa e per LabCom (Laboratorio Congiunto “Multisetting Community Action Research: from real to virtual), impresa sociale fondata nel 2013 da parte di un gruppo di professionisti di Psicologia di Comunità, Camillo Donati e Patrizia Meringolo.
20/12/2024 16.08
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