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Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, programma di mostre per la primavera 2019
Giovedì 18 aprile, alle ore 18.30, il Centro Pecci inaugura due nuovi progetti espositivi: Wiltshire Before Christ, e Tomorrow Is the Question
Giovedì 18 aprile, alle ore 18.30, il Centro Pecci inaugura due nuovi progetti espositivi: Wiltshire Before Christ, che nasce dalla collaborazione tra l’artista Jeremy Deller, il marchio di streetwear Aries e il fotografo di moda David Sims, e Tomorrow Is the Question, che presenta tre interventi di Rirkrit Tiravanija, artista noto internazionalmente per il coinvolgimento attivo del pubblico nei suoi progetti.
Prosegue così la linea definita dalla nuova direzione di Cristiana Perrella, in carica al Centro Pecci da un anno, aperta a linguaggi e punti di vista molteplici, che vede il museo come luogo accogliente di produzione, dibattito e promozione culturale impegnato nella ricerca artistica nel più ampio senso del termine, tra arte visiva, design e moda, performatività e teatro, con una particolare attenzione per la musica.
Si ricorda, infine, che fino al 7 aprile sarà possibile visitare l’installazione di Aleksandra Mir, Triumph, e, fino all’11 aprile, la mostra Verde Prato. Sperimentazioni urbane tra ecologia e riuso, a cura di Elisa Cristiana Cattaneo ed Emilia Giorgi, che mette in scena, attraverso l’allestimento di Fosbury Architecture, la molteplicità di operazioni e strategie attuate negli ultimi anni per la definizione delle politiche urbane della città toscana.

Il progetto Wiltshire Before Christ nasce dalla collaborazione tra l’artista Jeremy Deller, il marchio di streetwear Aries e il fotografo di moda David Sims, che hanno lavorato alla realizzazione di una mostra, di una capsule collection di abiti e di un libro partendo dalle molte suggestioni offerte dal sito preistorico più celebre e misterioso del mondo: Stonehenge, nel Wiltshire (UK), la cui parte più antica risale al 3.000 a.C.
Entrato nell’immaginario collettivo e meta del turismo di massa, Stonehenge è un luogo fondante dell’identità e della cultura britannica. Per questo era già stato oggetto di un’opera di Jeremy Deller, artista fortemente interessato ai temi della pop culture, alle manifestazioni del folklore e della cultura di massa. Nel 2012 Deller aveva realizzato infatti Sacrilege, un’installazione che riproduceva in scala 1:1 il sito archeologico sotto forma di strutture gonfiabili per il gioco dei bambini, facendolo diventare un’attrazione da luna park.
In Wiltshire Before Christ invece, Deller restituisce magia e mistero alle enormi pietre di Stonehenge, indagando, attraverso il riferimento a un simbolo dell’antichità più remota, l’attrazione esercitata da millenni sull’uomo dal misticismo e dalla simbologia pagana, e la profondità dei concetti di identità, tempo e luogo, senza però rinunciare ad accostarli alla pop culture. “Stonehenge potrebbe essere un logo tra i più famosi al mondo. La sua silhouette è più riconoscibile di qualsiasi altra cosa in Gran Bretagna, tolta forse la Regina” afferma l’artista.
Per il progetto Deller ha realizzato video, installazioni e, su stimolo di Sofia Prantera (mente creativa del marchio Aries), oggetti e capi d’abbigliamento ispirati all’archeologia, che vengono presentati in mostra come reperti di un tempo remoto, creando un corto circuito tra epoche e linguaggi. Gli scatti di David Sims, che vedono Stonehenge e Avebury come set di uno shooting di moda, riprodotti in mostra su grandi lightbox, sfumano ulteriormente i confini tra passato e presente.
“È una mostra atipica, ho lavorato quasi come un set designer - dice ancora Deller - si è trattato più di creare un’atmosfera… ed è stato a tutti gli effetti un lavoro collettivo, con Sofia e David”.
Attraverso un percorso espositivo immersivo, che rivela ripetuti sconfinamenti tra approcci artistici e creativi diversi, Wiltshire Before Christ mette dunque insieme arte, fotografia e moda in un progetto innovativo, di complessa definizione, che rimescola presunte gerarchie culturali fuori dai codici di quanto presentato abitualmente in un’istituzione museale.

La mostra è accompagnata da una pubblicazione, una vera e propria guida dei siti neolitici della Gran Bretagna, con un’introduzione del celebre archeologo Julian Richards e le mappe aeree dei siti, insieme alle immagini di antichi manufatti locali e alle fotografie scattate da David Sims. La pubblicazione Wiltshire Before Christ è disponibile online su http://www.ideabooks.com, http://www.ariesarise.com, oltre che al Centro Pecci.
Definito dal critico scozzese Mark Brown il "pifferaio magico della cultura popolare" per la sua ricerca di carattere politico e sociale, Jeremy Deller (Londra, UK, 1966) è un artista concettuale che lavora con diversi media, come video, installazioni e musica, spesso attraverso il coinvolgimento nel processo creativo di altre persone. Tra i suoi lavori più noti, The Battle of Orgreave (2001), un re-enactment del più grande scontro tra polizia e manifestanti avvenuto durante gli scioperi dei minatori inglesi nel 1984.
Nel 2004 Deller è stato il vincitore del Turner Prize, mentre nel 2013 ha rappresentato il Regno Unito alla Biennale di Venezia con il progetto English Magic, che rifletteva sulle radici della società britannica, le persone, i miti, il folklore, la sua storia culturale e politica, intrecciando eventi dal passato, dal presente e da un futuro immaginario in una narrazione quasi psichedelica. Al Centro Pecci Deller ha già presentato, nell’ambito della rassegna Second Summer of Love, il video Everybody in The Place: An Incomplete History of Britain 1984-1992 (2018).
Aries è un progetto di streetwear del duo Sofia Prantera e Fergus Purcell che unisce allusioni ai brand di moda più illustri con i movimenti anti-moda giovanili e i punti di riferimento della cultura underground, rivelando un ritorno alla sensibilità degli anni Ottanta. Sofia Prantera, italiana, formatasi al Central St Martins a metà anni Novanta, è stata candidata al 2018 British Fashion Award nella sezione British Emerging Talent Womenswear. La capsule collection di 30 pezzi WB4C, realizzata in tiratura limitata, nasce dalla collaborazione tra Aries e Jeremy Deller e sarà disponibile anche al Centro Pecci.
David Sims (Sheffield, UK, 1966) è un famoso fotografo di moda inglese. Ha collaborato con le riviste più importanti del settore come Vogue, Wmagazine, Dazed & Confused e ha seguito le campagne di numerosi brand tra cui Pepsi, Gap, Prada, Helmut Lang, Yohji Yamamoto, Levis, Louis Vuitton, Jil Sander, Hugo Boss, Rimmel, Givenchy, BCBG e Nike.
Tomorrow Is the Question è la prima personale in un museo italiano di Rirkrit Tiravanija (Buenos Aires, 1961), uno degli artisti più influenti della sua generazione, noto internazionalmente per opere che portano la vita reale dentro gli spazi dell’arte, completandosi con l’intervento attivo del pubblico e infrangendo ogni barriera tra oggetto e spettatore. La mostra al Centro Pecci riunisce due progetti dell’artista intorno all’idea di futuro e alla necessità di interrogarsi sul destino del nostro pianeta e dell’umanità.
Tomorrow Is the Question, la grande installazione da cui la mostra prende il titolo, riattiva Ping Pong Society, un progetto dell'artista slovacco Július Koller (1939-2007) presentato per la prima volta a Bratislava nel 1970. Koller installò tavoli da ping-pong in uno spazio espositivo e invitò i visitatori a giocare, con l'obiettivo di coinvolgere e stimolare le persone verso nuove occasioni di pensiero attivo, in questo caso indirizzato a una riflessione sull’ambiente e sul contesto culturale. Ripercorrendo le tracce di Koller, Tiravanija riempie una delle sale del museo con tavoli da ping pong, a disposizione dei visitatori, su cui
campeggia la scritta: “domani è la questione”. Invitando il pubblico, solitamente passivo, a diventare parte attiva della mostra, giocando o incitando gli altri che giocano, nel suo modo sottile e giocoso Tiravanija mette le relazioni umane, lo scambio e la partecipazione al centro della “questione sul futuro”.
Sempre da un’opera di Koller parte anche il secondo lavoro presentato al Centro Pecci, Untitled (Remember JK, Universal Futurological Question Mark U. F. O.), una fotografia di un insieme di persone disposto a formare un grande punto interrogativo nella Piazza delle Carceri di Prato. Si tratta infatti della rimessa in scena di Universal Futurological Question Mark [U.F.O.], che Koller realizzò nel 1978, una fotografia di un gruppo di ragazzi in uniforme che formavano un punto di domanda sul fianco di una piccola collina. Il remake di Tiravanija ricontestualizza l’atto di Koller in un “qui e ora” che rende inevitabile metterlo in
relazione con l’attualità che più ci riguarda, ricordando il valore del dubbio, dell’interrogarsi su quanto accade intorno a noi, ma anche invitando a riflettere sulla relazione tra individuo e massa.
Completa l’intervento di Tiravanija a Prato Fear Eats the Soul, la grande bandiera che sventola davanti all’entrata del museo. Prodotta per il progetto di Creative Time Pledges of Allegiance, in cui alcuni artisti sono stati chiamati a concepire il disegno per un vessillo in uno spirito di resistenza politica, l’opera di Tiravanija richiama il titolo del film di Rainer W. Fassbinder Angst essen Seele auf (La paura mangia l’anima, 1973), che racconta l’amore difficile tra un’addetta alle pulizie tedesca e un meccanico marocchino, relazione che fa emergere le loro paure più profonde tanto quanto la xenofobia e il razzismo che li circondano. L’opera può essere considerata un manifesto, un’enunciazione programmatica valida per tutto il lavoro di Rirkrit Tiravanija, che è un atto di fede sulle relazioni umane, l’accoglienza e la vicinanza all’altro come valori che danno senso alla nostra vita e al nostro futuro.
Figlio di un diplomatico thailandese, Rirkrit Tiravanija (Buenos Aires, 1961) ha vissuto in molti paesi e ha compiuto studi all’Ontario College of Art di Toronto, alla Banff Center School of Fine Arts, all’Art Institute of Chicago, seguendo infine l’Independent Study Program al Whitney Museum of American Art di New York.
Esponente tra i più rappresentativi di quella che Nicolas Bourriaud ha definito estetica relazionale, con espliciti richiami alle correnti concettuali e d’avanguardia degli anni Sessanta e Settanta come Fluxus, Tiravanija attua nel suo lavoro processi di condivisione, incontro e interazione con il pubblico, spesso utilizzando attività quotidiane come il cucinare e il consumare insieme del cibo. Più volte presente con il suo lavoro alla Biennale di Venezia, Tiravanija ha esposto nei principali musei internazionali tra cui il Guggenheim Museum, il MoMA, il Palais de Tokyo. Nel 2005 ha vinto l’Hugo Boss Prize.

04/04/2019 12.05
Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci


 
 


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