Conferenza a 460 anni dalla morte (novembre 1559), don Gianni Gualtieri e don Marco Pratesi giovedì 14 novembre alle ore 17.30 presso la sala lettura della biblioteca.
L'iniziativa fa parte del programma "Un autunno da sfogliare 2019" del Sistema bibliotecario provinciale pratese ed è organizzata in collaborazione con la Scuola diocesana di teologia.
I relatori:
Gianni Gualtieri - Parroco Santi Martiri di Prato, direttore ufficio regionale per l’evangelizzazione e la catechesi, assistente della Fuci, insegnante.
Marco Pratesi – Sacerdote della diocesi di Prato, è parroco di Santa Maria del Soccorso, bibliotecario della Roncioniana.
Note biografiche su Felice da Prato (Prato 1460 ca. – Roma 1559):
Nato a Prato intorno al 1460, da famiglia ebraica. Si converte, quarantenne, entrando nell’Ordine agostiniano con il nome di Felice, in onore di un patrono della diocesi da cui Prato afferiva. Quanto alla definizione «frater Felix pratensis» o «de Prato», potrebbe derivare dall’uso religioso o dal tentativo di preservare il cognome ebraico. In questo caso, discenderebbe da alcuni coanim (sacerdoti) originari di Terracina, stabilitisi a Prato tra il XIV e XV secolo, da cui il cognome su base toponimica. Imparentati con le maggiori famiglie ebraiche del tempo, gestivano un banco di pegni e godevano di notevole preparazione letteraria e scientifica, che non li sottrasse a vicende economiche e penali. Vista la famiglia d’origine, non stupisce la definizione, «trium linguarum scientia ac solida eruditione ornatus». Nel 1506, appartenente alla congregazione di Lecceto, giunge a Padova. Dopo un breve soggiorno romano, nel 1515 si reca a Venezia, dove insegna ebraico, testi veterotestamentari, talmudici e cabalistici. Tornato in Curia nel 1518, entra in contatto con il cardinale Egidio da Viterbo, il cardinale Accolti e con Leone X. Frattanto predica il cristianesimo nelle comunità ebraiche e partecipa a dispute teologiche, che valgono l’incarico di lettore di teologia. Godette di stima anche in campo diplomatico: nel 1522 è legato in Spagna, per perorare la causa agostiniana. L’anno successivo diviene maestro in teologia, quindi nel biennio 1526-1528 procuratore generale per la comunità di Lecceto. Ma la notorietà giunse grazie alla traduzione e all’esegesi biblica, che, sull’esempio di Pico della Mirandola, penetrava ormai in ambienti umanistici. Compose opere grammaticali e un dizionario ebraico. La versione latina del Salterio del 1515, edita a Venezia per i tipi di Peter Lichtenstein, tradisce, aldilà del dato filologico, un chiaro intento didascalico. Leone X lodò l’opera, assegnando dieci anni di esclusiva all’editore: il Psalterium contò tre ristampe: Venezia 1519, Basilea 1524 e Lione 1530. Il successo spinse Egidio da Viterbo a commissionargli una traduzione dei cabalistici Sepher Temuna e Imre Sepher, che con altre opere, però rimasero inediti. Daniel Bomberg, intraprese nel 1516, l’impressione veneziana di due Bibbie in ebraico, curate dall’autore, con e senza commento. La sua Bibbia rabbinica, quattro volumi in folio, è l’editio princeps della Bibbia ebraica con Targum. L’edizione testimonia l’innovazione esegetica, che affianca nella pagina quadripartita al testo ebraico, la parafrasi aramaica, commenti di esegeti ebrei medievali e, soprattutto, le note masoretiche. Dalle medesime posizioni muove il Talmud, edito nel 1520 ancora a Venezia dal Bomberg. Felice da Prato morì a Roma il 5 novembre 1559.
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