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Musei Statali
A Palazzo Pitti riaprono dopo cinque anni gli Appartamenti Reali, ci vissero Medici, Lorena, Savoia
14 sale al primo piano della reggia, chiuse dal 2020, il 21 gennaio tornano quotidianamente accessibili al pubblico dopo una complessa operazione di restauro generale: sono state dal Seicento al Novecento la residenza dei signori di tre dinastie
Palazzo Pitti, tornano accessibili al pubblico dal 21 gennaio, dopo un quinquennio di chiusura, i fastosi ambienti degli Appartamenti Reali. 14 sale al primo piano della Reggia nelle quali, per trecento anni, hanno vissuto i signori di tre diverse dinastie di regnanti: Medici, Lorena e Savoia. Tra i primi residenti di quest’ala del Palazzo vi fu, nella seconda metà del Seicento, il Gran Principe Ferdinando de’ Medici, figlio del Granduca Cosimo III; l’ultimo, Vittorio Emanuele III di Savoia, lo lasciò allo Stato, insieme al retrostante Giardino di Boboli, nel 1919. Non visitabili a partire dal 2020, gli Appartamenti Reali sono stati recentemente sottoposti ad una complessa operazione generale di restauro e conservazione della quale si è occupato un nutrito team multidisciplinare di specialisti e che ha comportato i più svariati interventi in tutte le sale. Un lavoro meticoloso che ha riguardato dalle volte ai pavimenti, dove, in particolare, sono stati rimossi tappeti e le moquettes lasciando a vista i parquet perfettamente conservati. E’ stata inoltre effettuata una approfondita campagna di puliture, manutenzioni ed interventi di recupero su affreschi, stucchi, intagli, parati di seta, tendaggi, dipinti, mobili e soprammobili. Lo stile decorativo degli Appartamenti è “misto” e rispecchia epoche e gusti delle personalità e delle dinastie che li hanno abitati nel corso dei secoli. Ora questi spazi tornano ad aprirsi quotidianamente al pubblico, con visite accompagnate ogni ora, dalle 10 alle 18 (ultima visita alle 17).

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Simone Verde: “Dopo 5 anni di chiusura, riaprono al pubblico gli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti. Avviene grazie a un lavoro meticoloso, durato molti mesi, che consegna ai cittadini un risultato stupefacente, la resurrezione intatta - quasi un viaggio fisico nel tempo - di uno dei luoghi più identitari della storia italiana, caratterizzato da una stratificazione di stili e vissuto rimasta sostanzialmente inviolata nei secoli fino ad oggi. Negli Appartamenti coesistono infatti armoniosamente reliquie del passato mediceo e della lunga parentesi lorenese, suggellate dal contributo definitivo dei Savoia che arricchirono la residenza di arredi fatti portare qui dalle regge di quasi tutti gli altri territori annessi”.

La curatrice degli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti Alessandra Griffo: “Riaprire gli appartamenti consente di recuperare la visione di Palazzo Pitti nella sua integrità, non come insieme di musei indipendenti, ma come una unica reggia. I lavori effettuati hanno rispettato il riallestimento ordinato negli anni Novanta quando venne preso come riferimento l’inventario del 1911, l’ultimo che documentava l’assetto di quegli spazi, saltuariamente abitati dai Savoia. Sono stati apportati pochi cambiamenti: disponendo diversamente alcuni pezzi e introducendo alcuni dipinti, altrimenti conservati nei depositi, con l’intento di mettere meglio in evidenza la fase medicea, quando l’appartamento era abitato dal gran principe Ferdinando (1663-1713)”.


GLI SPAZI DEGLI APPARTAMENTI

La Sala Verde

Negli ultimi decenni del Seicento, questa era la Sala della Guardia dell’appartamento del Gran Principe Ferdinando de’ Medici (1663-1713) articolato nell’ala destra del palazzo. Degli arredi presenti all’epoca resta solo, al centro della volta, l’Allegoria della pace tra Firenze e Fiesole, dipinta da Luca Giordano (1634-1705) e commissionata nel 1682 dal granduca Cosimo III (1642-1723). Il pur coevo e sontuoso stipo di Vittoria della Rovere, decorato con formelle in pietre dure, vi fu portato invece in un momento successivo, e ben contribuisce a restituire a questo ambiente un tono mediceo. Al tempo degli Asburgo-Lorena (1737-1799 e 1814-1859) risale la decorazione di Giuseppe Castagnoli, attivo anche altrove nel palazzo, il rivestimento di pareti e mobilia in seta a fondo verde che dà il nome alla sala e il resto della mobilia. Con il regno dei Savoia, a partire dal 1860, vennero aggiunti i ritratti settecenteschi di provenienza francese.

La Sala del Trono

In epoca medicea era la Sala dell’Udienza dell’appartamento del Gran Principe Ferdinando (1663-1713). Sotto gli Asburgo Lorena (1737-1799 e 1814-1859) divenne la Sala dei Ciambellani, cioè gli alti dignitari di corte al servizio del granduca, e al primo periodo lorenese risale la decorazione della volta opera di Giuseppe Castagnoli. In occasione delle nozze dell’arciduca ereditario Ferdinando IV (1835-1908) avvenute nel 1856, la tappezzeria fu sostituita con l’attuale parato in seta a fondo cremisi e venne montato l’imponente lampadario. A partire dal breve periodo di Firenze Capitale (1865-1870) i Savoia la destinarono a Sala del Trono utilizzando come seduta regale una poltrona granducale a cui venne semplicemente aggiunto lo stemma sabaudo.

Il Salotto Celeste

In epoca medicea era la Sala dei Cimbali, ovvero degli strumenti musicali dell’appartamento del Gran Principe Ferdinando (1663-1713). Nella seconda metà del Settecento i Lorena la utilizzarono come sala da pranzo e a quell’epoca risale la decorazione del soffitto a stucchi bianchi e oro. Il camino detto ‘delle aquile’ è opera di Francis Harwood (1727-1783), scultore attivo anche nel giardino di Boboli. La tappezzeria in seta a fondo celeste che ha dato il nome all’ambiente risale al XIX secolo mentre seicenteschi sono il grande lampadario ligneo, unica lumiera superstite del periodo mediceo, commissionata nel 1697 dal granduca Cosimo III all’intagliatore Vittorio Crosten e in origine montata presso la villa della Topaia, così come la serie di ritratti eseguiti da Giusto Suttermans (1597-1681) che, anche se diversamente collocati, hanno sempre fatto parte dell’arredo di Palazzo Pitti.

La Cappella

E’ questo l’ambiente degli Appartamenti Reali che meglio conserva l’aspetto mediceo originario, risalente all’epoca del Gran Principe Ferdinando, ritratto sulla destra. L’alcova ospitava un letto monumentale; al di sopra si trovava una piccola biblioteca allestita nel mezzanino celato dietro lo schermo intagliato e dorato. Gli stucchi e i cartigli della volta si riferiscono a motti e simboli legati a Ferdinando e furono eseguiti su disegno di Giovan Battista Foggini (1652-1725).
Arrivato a Firenze nel 1765, il granduca Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena (1747-1792) volle trasformare la piccola sala in cappella; mentre alla metà dell’Ottocento risalgono il lampadario nonché il parato e i tendaggi in damasco rosso cremisi che riprende motivi settecenteschi. Nel periodo sabaudo un tramezzo creava un corridoio sul lato della finestra. Arredi e dipinti rinviano a queste molteplici destinazioni d’uso.




La Sala dei ‘Pappagalli’

Nel periodo mediceo era l’anticamera della stanza da letto del Gran Principe Ferdinando (1663-1713). I Lorena, nella seconda metà del Settecento, fecero ridecorare le volte e installarono la grande stufa. Con il granduca Ferdinando III (1769-1824) le pareti furono rivestite utilizzando un parato della Manifattura di Lione portato da Vienna nel 1814. In piena Restaurazione le aquile imperiali che decorano la stoffa vennero identificate come pappagalli e tutt’ora la sala ne porta il nome. Nel periodo sabaudo (1860-1919) l’arredo precedente fu in gran parte conservato e a quest’epoca risale il lampadario di cristallo. I dipinti, per la maggior parte databili alla fine del Seicento e ai primi anni del Settecento, facevano parte della collezione del Gran Principe Ferdinando e nell’inventario redatto nel 1713, alla sua morte, erano conservati in quest’ala del Palazzo.

Salotto della Regina

In epoca medicea era la camera da letto privata del Gran Principe Ferdinando (1663-1713). Nel periodo lorenese (1737-1799 e 1814-1859) divenne la prima sala dell’appartamento privato della granduchessa, funzione mantenuta anche in epoca sabauda. Al 1833 risale la decorazione in stucco della volta eseguita da Emilio Santarelli in occasione delle seconde nozze dell’ultimo granduca Leopoldo II di Lorena (1797-1870), mentre l’arredo rinnovato alla fine dell’Ottocento risente del gusto della regina Margherita di Savoia (1851-1926). Il parato di seta gialla è di manifattura francese del primo decennio dell’Ottocento. Alle pareti i soggetti si riferiscono alla storia sabauda o mostrano episodi della vita di quattro artisti toscani: Giotto e Cimabue, Simone Martini e Michelangelo.

La Camera della Regina

Ai tempi dei Medici, quando faceva parte dell’appartamento del Gran Principe Ferdinando (1663-1713), l’ambiente ospitava il ‘trucco’, un gioco simile al biliardo. Con gli Asburgo-Lorena (1737-1799 e 1814-1859) la sala venne utilizzato in un primo tempo come salotto della granduchessa. Successivamente fu destinata a camera da letto e con questa funzione rimase anche nel periodo sabaudo, fino al 1919, ospitandovi durante i soggiorni fiorentini la regina Margherita (1851-1926). Montato nel 1844, il broccatello di seta blu a fondo giallo evoca un clima di riposo ovattato, richiamato anche dalle due dormeuse e dai numerosi mobiletti presenti nella stanza.

Il Gabinetto Ovale

Insieme all’adiacente Gabinetto Rotondo fa parte dei nuovi ambienti fatti realizzare da Maria Teresa d’Austria (1717-1780) tra il 1763 e il 1765 in previsione dell’arrivo a Firenze del proprio figlio Pietro Leopoldo (1747-1792), nuovo granduca. L’architetto Ignazio Pellegrini (1715-1790) optò per una pianta ovale, forma che ben rispondeva al gusto rococò internazionale. Gli stucchi dorati, di particolare pregio, vennero eseguiti dalla bottega milanese di Francesco Visetti, mentre il caminetto di broccatello di Spagna è sempre opera del Pellegrini.
Il parato di raso di seta a fondo bianco, opera di manifattura fiorentina del 1780-1783, è l’unico del periodo di Pietro Leopoldo che ha mantenuto la sua collocazione originale. Rispecchia il gusto per le “cineserie” molto apprezzato all’epoca. La destinazione a salotto femminile, studiolo o boudoir si è tramandata attraverso i secoli fino al periodo sabauado, quando veniva utilizzato dalla regina Margherita (1851-1926).

Il Gabinetto Rotondo

Ultimo ambiente sul rondò di meridione, affacciato sul terrazzo che guarda Firenze, il Gabinetto Rotondo fa parte dell’ampliamento del palazzo fatto realizzare da Maria Teresa d’Austria (1717-1780) tra il 1763 e il 1765 in previsione dell’arrivo a Firenze del proprio figlio Pietro Leopoldo (1747-1792) e della sua consorte Maria Luisa di Borbone-Spagna. La decorazione di gusto neoclassico fu completata nel decennio successivo e vide all’opera Domenico Ruschi detto il Portogalli (notizie 1762-1782), responsabile degli stucchi, e Giuliano Traballesi (1727-1812) autore delle pitture murali. All’inizio dell’Ottocento, durante il periodo napoleonico, la stanza, collegata da una scaletta interna al piano superiore, divenne una biblioteca. Con i Savoia e in particolare al tempo della regina Margherita (1851-1826) fu invece dedicato alla conversazione e ai lavori femminili come suggeriscono i piccoli tavolini allestiti tra le varie sedute.

Camera del Re

All’epoca del Gran Principe Ferdinando de’ Medici (1663-1713) era un salotto di passaggio tra il suo appartamento e quello occupato dalla consorte Violante Beatrice di Baviera (1673-1731) affacciato sul giardino di Boboli. Nel 1765, con l’arrivo di Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena (1747-1792) la sequenza di sale venne trasformata nel quartiere privato del granduca: stucchi bianchi e dorati decorarono la volta e vi si installò la grande stufa di ceramica. Nel 1820 venne montato il parato francese di seta gialla acquistato da Ferdinando III di Lorena (1769-1824) mentre era in esilio durante il periodo napoleonico. Sotto i Savoia l’ambiente divenne la camera da letto del re Umberto I (1844-1900) e vi furono allestiti mobili di epoca impero, insieme ad altri arredi conservati nella Guardaroba mediceo-lorenese.

Lo Studio del Re

Nel 1765 per l’arrivo a Firenze da Vienna di Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena (1747-1792) l’ambiente divenne parte del suo appartamento privato e, come nel resto del quartiere, il soffitto fu decorato con stucchi bianchi e oro. Benché risalga allo stesso periodo la preziosa tappezzeria in seta realizzata dalle manifatture fiorentine venne montata alle pareti solo un secolo, dopo durante il regno di Umberto I di Savoia (1844-1900). All’epoca la stanza divenne studio del re utilizzando come scrittoio l’elegante esemplare francese della metà del Settecento appartenuto a Louise Elisabeth, duchessa di Parma (1727-1759), trasferito a Palazzo Pitti negli anni Ottanta dell’Ottocento con l’Unità d’Italia.

Il Salotto Rosso

Al primo periodo lorenese (1737-1799) risale la decorazione a stucchi bianchi e oro del soffitto. Durante il secondo periodo lorenese (1814-1859), e nonostante l’evidente presenza di stelle e api, simboli imperiali, fu invece montato il damasco fiorentino, realizzato su modello francese per volere della sorella di Napoleone Elisa Baciocchi (1777-1820), granduchessa di Toscana dal 1809 al 1814. All’epoca l’ambiente era utilizzato come Sala delle Udienze da Ferdinando III di Lorena (1769-1824). La funzione venne mantenuta nel periodo sabaudo quando vennero introdotti alcuni complementi d’arredo sui quali spicca la croce di Savoia.

Anticamera del Re

Era questo il vero ingresso agli appartamenti privati del Granduca e poi del Re. Risulta infatti individuato come Anticamera degli Aiutanti dell’appartamento di Ferdinando III di Lorena (1769-1824), funzione mantenuta anche in epoca sabauda. Sia la decorazione bianco e oro del soffitto sia il raro parato risalgono al secondo Settecento anche se sappiamo che quest’ultimo, di manifattura fiorentina, fu montato in opera solo nel 1900.

20/01/2025 11.49
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