Università di Firenze
Università di Firenze, le origini dello sviluppo umano nei fossili di tre neonati vissuti 2 milioni di anni fa
Uno studio internazionale pubblicato su Nature rivela quanto rapidamente crescevano i bambini del genere Homo
Quanto velocemente crescevano i nostri antenati? Una possibile risposta arriva da alcuni resti di neonati vissuti 2 milioni di anni fa.
Un articolo pubblicato su Nature Communications , dal titolo “Infant Diversity in Early Pleistocene Homo” , presenta lo studio di tre fossili appartenenti a individui infantili del genere Homo , ritrovati in Sudafrica e in Etiopia e risalenti appunto a circa 2 milioni di anni fa. Gli autori sono Jacopo Moggi Cecchi , docente di Antropologia al Dipartimento di Biologia dell'Università di Firenze, e José Braga dell'Université de Toulouse (DOI: 10.1038/s41467-025-59734-x).
I reperti consistono in una mascella e due mandibole appartenenti a bambini molto piccoli, poco più che neonati. Questi resti sono di grande valore per comprendere come si sviluppavano i primi esseri umani. I resti fossili delle più antiche specie del genere Homo ( Homo habilis e Homo erectus ) sono soprattutto reperti di individui adulti, mentre sono completamente mancanti i resti di individui neonati ed infantili.
"La nostra ricerca apre le porte alla possibilità di studiare lo sviluppo somatico nelle specie più antiche del genere Homo - prosegue -. Una delle caratteristiche della specie umana è quella di avere dei tempi di sviluppo somatico post-natale prolungati rispetto a quelli degli altri primati. I cuccioli umani crescono lentamente, in parte perché il nostro cervello è molto grande in proporzione al corpo. Per capire quando questa caratteristica è emersa nella nostra evoluzione, è fondamentale disponibilità di fossili di bambini. Analizzandoli, possiamo acquisire informazioni sull'anatomia e sui tempi di crescita."
Per uno di questi reperti, la porzione di mascella, è stata determinata l'età biologica alla morte, che è stata stimata a circa 6 mesi grazie allo studio della struttura interno dello smalto dentario, che si forma mantenendo delle tracce del suo sviluppo, in maniera simile agli anelli di crescita degli alberi. Questa analisi è stata possibile tramite l'impiego di microtomografie a luce di sincrotrone effettuate presso la European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble .
"I risultati indicano che i tempi di sviluppo di questi 'piccoli' erano ancora relativamente rapidi e che quindi l'acquisizione di tempi di sviluppo prolungati deve aver avuto origine in tempi molto più recenti nel corso dell'evoluzione umana – illustra il docente fiorentino –. Inoltre, l'analisi dettagliata della morfologia craniofacciale e dentale ha mostrato delle differenze tra la mandibola rinvenuta in Etiopia attribuita a Homo habilis ei reperti sudafricani, attribuiti a una specie affine a Homo erectus . L'esistenza di queste differenze morfologiche suggerisce che la diversità tassonomica fra queste due specie del genere Homo fosse già evidente nell'infanzia”.
“Nuovi fossili e nuovi metodi di analisi – conclude Moggi Cecchi – ci aiuteranno a ricostruire meglio l'evoluzione dello sviluppo corporeo che ha portato alla comparsa di Homo sapiens ”.
03/06/2025 11.40
Università di Firenze